Un fisco che faccia pagare equamente le tasse, snello, che non sia preda della burocrazia e che abbia come obiettivo il rilancio dell’economia. Sono questi i pilastri della proposta presentata oggi, il 2 ottobre, in Assolombarda, nel libro bianco “Fisco, imprese e crescita”,(prodotto con un panel di esperti tributari e i componenti del Gruppo Tecnico Fisco di Assolombarda) pubblicazione nella quale gli industriali milanesi, monzesi e di Lodiche illustrano quello che le imprese chiedono al sistema fiscale: un sostegno alla crescita e all’occupazione, l’inclusione dei giovani a una maggiore partecipazione delle donne.
“Questo studio presenta la nostra visione su come avviare una riforma strutturale nella direzione di un fisco promotore di crescita e innovazione, equo, semplice, certo e prevedibile per le persone come per le imprese – afferma Carlo Bonomi, presidente di Assolombarda – La nostra proposta nasce da un metodo diverso. Un metodo basato su persone, fatti, analisi e responsabilità. È venuto il momento di progettare un fisco che metta al centro le esigenze prioritarie delle persone, delle imprese e del lavoro. Proponiamo, nell’interesse non di una categoria ma dell’intera società, una riforma che ci restituisca un sistema tributario allineato in prospettiva alle medie dei Paesi avanzati, senza per questo accrescere il rapporto tra debito pubblico e PIL. È ora il momento giusto per farlo.”
“Il fisco può essere una leva di politica industriale fondamentale per ridare slancio all’economia, attivando un circolo virtuoso di riduzione della pressione fiscale, di crescita della produzione e dell’occupazione – ha dichiarato Carlo Ferro, vicepresidente di Assolombarda con delega alle Politiche Industriali e Fisco -. In questa logica occorre avviare un nuovo paradigma fisco-imprese che acceleri gli investimenti per la crescita e che renda il sistema fiscale italiano coerente con la sfida competitiva delle imprese italiane sui mercati globali. Ciò nell’interesse non di una categoria economica ma di tutta la società. Infatti non c’è nuova occupazione senza crescita, non c’è crescita senza innovazione, non c’è innovazione senza investimenti e non ci sono investimenti dove non c’è attrattività”.
Il quadro economico. La proposta viene contestualizzata in un quadro economico che da una parte registra l’euforia legata a un 2017 positivo (+1,6%) ma che dall’altra deve anche registrare un gap di crescita dell’Italia rispetto alle principali economie mondiali, con un deficit consistente rispetto ai livelli precrisi (PIL -4,2%).
L’analisi di alcuni parametri mette in mostra che nel nostro Paese l’incidenza delle spese in Ricerca e Sviluppo è pari all’1,34% del PIL, meno della metà della Germania. Una differenza che si vede anche in termini di brevetti: 4300 quelli registrati da imprese italiane, oltre 25.000 da quelle tedesche Germania e 10.500 in Francia.
Idem per gli investimenti, 19,9% sotto i livelli che erano stato raggiunti prima della crisi. L’Italia è una potenza manifatturiera ma le sue aziende hanno ancora un parco macchinari da rivedere e ritardi nella digitalizzazione dei processi.
Il quadro fiscale.La pressione fiscale “effettiva” in Italia è al 47,9%e il Paese, secondo lo studio “Paying Taxes 2018” di World Bank e PWC, l’Italia è a un poco lusignhiero posto numero 112 su 190 Paesi analizzati per attrattività fiscale. Uno dei problemi più evidenti è quello del nucleo fiscale (gli oneri contributivi e assistenziali a carico sia del lavoratore sia del datore di lavoro) che rappresenta il 47,7% del costo del lavoro, anche se il dato fa il paio con un sistema di welfare tra i più avanzati.
L’evasione fiscale contributiva è ancora molto elevata: 109 miliardi di euro all’anno (media periodo 2013-15 stimata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze), cioè il 23,5% delle entrate tributarie teoriche totali. Qui l’Italia è quinta tra le 28 nazioni della Ue.
La proposta di Assolombarda. Le misure suggerite per un fisco più giusto vanno in otto direzioni: prima cosa lo spostamento di parte significativa dell’imposizione sul reddito di impresa dalla generazione alla distribuzione del reddito, in modo da incentivare il reinvestimento dei profitti per la crescita dell’impresa. Un obiettivo raggiungibile attraverso una diversa articolazione della tassazione sul Reddito d’Impresa. In sostanza l’imposta verrebbe ridotta solo per le risorse che restano nel circuito di investimento dell’impresa.
L’altra strada da intraprendere è l’abrogazione progressiva dell’Irap, che disincentiva gli investimenti. Quindi si parla di allineamento delle misure di incentivo per Ricerca & Sviluppo, formazione, nuova occupazione e digitalizzazione dei processi di impresa, ai processi pluriennali di pianificazione d’impresa, mettendo a regime provvedimenti temporanei con misure strutturali di “super-deduzione” (superiore al 100% del costo storico); ma anche di favorire l’afflusso di capitale di rischio per il finanziamento degli investimenti per la crescita (Pir, ma anche modulando la tassazione dei dividendi in funzione degli investimenti).
Infine occorre semplificare il sistema nel numero e complessità delle norme (si applicano in Italia oltre 100 imposte), introdurre una tassazione dei redditi generati sulla rete internet (la cosiddetta web tax), riformare l’imposizione sulle persone fisiche coerente nell’incidenza e nei meccanismi con le imposte sul reddito di impresa. Uno degli obiettivi dichiarati è aumentare il netto in tasca del lavoratore senza incidere sul livello di welfare corrente. Una parte del welfare va finanziato con altre fonti di bilancio: ci vogliono risorse specifiche da recuperare con una diversa politica di spesa.