Incontro giovedì 16 febbraio al ministero per lo Sviluppo economico, tra i rappresentanti ministeriali e quelli dell’azienda K-Flex di Roncello che ha annunciato 187 licenziamenti e lo spostamento della produzione dal sito in Polonia.
«Nel corso dell’incontro di natura interlocutoria – dice un comunicato stampa dell’azienda – sono state presentate le motivazioni della ristrutturazione aziendale in corso ed è stata registrata la dichiarazione della più ampia disponibilità delle parti a proseguire nel dialogo per verificare la fattibilità di futuri interventi da mettere in atto che possano ridurne l’impatto sociale».
Intanto ventidue sindaci del Vimercatese hanno preso posizione sulla vicenda: «La K-Flex non è un’azienda in crisi, è anzi in espansione» si legge nel loro appello. «Il sito produttivo di Roncello è la sede originaria dell’azienda: qui si è consolidata la produzione e da qui sono partite tutte le operazioni di espansione che hanno consentito di aprire ulteriori dieci siti nel mondo, per un totale di 2000 addetti. Il lavoro svolto dagli operai di Roncello è stato propedeutico alla crescita dell’azienda, con la produzione di semilavorati per tutti i siti esteri e la diffusione di knowhow fondamentale. Negli ultimi anni l’azienda ha anche beneficiato di risorse pubbliche sotto forma di contributi, sgravi fiscali e incentivi, in parte a fondo perduto».
E proseguono: «La delocalizzazione in Polonia è un processo che non trova ragioni nell’andamento della produzione degli ultimi anni: si tratta di una scelta dettata solo da motivi di profitto. A questo si aggiunge una condotta irrispettosa delle istituzioni competenti in materia di processi di licenziamenti collettivi, e provocatoria nei confronti dei lavoratori in presidio permanente. Gli operai che da tre settimane picchettano i cancelli della fabbrica vogliono impedire che gli impianti vengano smontati e i magazzini svuotati, azioni che la proprietà ha già tentato di mettere in campo. Riteniamo che su questa vicenda il ruolo delle Istituzioni debba essere chiaro e univoco: questa storia ci riguarda tutti, in quanto cittadini, e, se vogliamo essere pienamente rappresentanti delle Istituzioni, non possiamo cheschierarci con chi difende il lavoro e la dignità dei lavoratori. Oltre alla vicinanza e alla solidarietà, nostre e dei territori e comunità che rappresentiamo, verso tutti i lavoratori, le lavoratrici e le loro famiglie, ci uniamo agli appelli affinché l’azienda ripensi a quanto in corso al fine di preservare la produzione in Italia e comunque ritrovi modalità di negoziazione e di decisione più corrette nei confronti di lavoratori e istituzioni, ispirate ad una vera responsabilità sociale di impresa».