È di Monza la startup culturale: opere d’arte e patrimonio garantiti come i bitcoin

Sta nascendo un sistema per immagazzinare e rendere uniche le immagini delle opere d’arte e del patrimonio culturale: è un progetto dei fratelli Rea di Monza, vincitori del concorso di Lottomatica e PoliHub del Politecnico per l’innovazione.
Da sinistra, il terzo: Maurizio Rea - il settimo: Danilo Rea - l'ottavo: Pramod Rauniyar (il CTO) - il nono: Bhuvan Shrestha (uno degli sviluppatori) - in basso: Giorgio Rea
Da sinistra, il terzo: Maurizio Rea – il settimo: Danilo Rea – l’ottavo: Pramod Rauniyar (il CTO) – il nono: Bhuvan Shrestha (uno degli sviluppatori) – in basso: Giorgio Rea

Da qualche parte bisogna pure partire. E allora intelligenza artificiale, blockchain, realtà aumentata. Tutto quello che permetterà alle opere d’arte e al patrimonio architettonico e artistico di rimanere intatto e tracciabile nel tempo.

Da qui parte il progetto aerariumchain.com, una startup culturale che Lottomatica e PoliHub hanno deciso di affiancare selezionandola tra ottanta proposte nel bando “Idee vincenti”. Sono tre fratelli monzesi, il cognome è Rea: Giorgio ha 31 anni, è fresco di dottorato alla Sorbona in archeologia (romana, prevalentemente) e ha studiato prima al liceo Frisi e poi all’Università statale. Una fissazione: quell’idea che il patrimonio artistico internazionale è più fragile di quanto si pensi.

«Basta pensare a quello che ha fatto l’Isis in Medio Oriente – spiega – oppure quello che è successo per un incendio a Rio de Janeiro al Museo nazionale: tutto questo scompare, ma non dev’essere necessariamente così». Il confronto con i fratelli Maurizio, 38 anni, e Danilo, 36. Sono informatici, loro, e hanno già progetti che possono essere un punto di incontro tra le loro esperienze.

«Loro avevano già fondato la società Werea, lavoravano nel settore dell’innovazione e utilizzavano piattaforme digitali».

E allora la proposta: ma guarda che con quello che abbiamo, possiamo difendere e tutelare il patrimonio culturale del mondo, hanno detto. «Da lì abbiamo lavorato e ci si è presentata possibilità di vedere se la nostra idea fosse appetibile: abbiamo partecipato al bando e step dopo step siamo arrivati fin qui nel bando di PoliHub e Lottomatica».

«Tutto è partito dal mio settore: è un po’ difficile trovare fondi per lavorare, ma è anche un ambito in cui l’innovazione è difficile: i beni culturali sono un settore legato alla tradizione, statico». E allora l’idea: come intercettare l’esigenza di consegnare al futuro i beni culturali esattamente come sono anche nel caso andassero distrutti o modificati, come fare in modo che siano protetti nella loro identità reale?

«I nostri beni sono sempre in pericolo, in un modo nell’altro, quindi riuscire a salvaguardarli è il mio obiettivo». Bisogna partire dalle fotografie e dai cassettoni di biblioteche e archivi dove si trovano schede e fotografie. Ora si può fare un passo più in là: mappare il bene (qualsiasi bene) con immagini tridimensionali ad alta definizione che ne identifichino ogni dettaglio. Poi passare da un blockchain, con la «creazione di token (proprio come per i bitcoin, ndr) che definiscono un codice univoco che lega al 3D quell’immagine» e di fatto è la targa, l’assicurazione che quello che si vede nel terzo passo (la realtà aumentata) è l’unica e possibile immagine di quel bene.

Chi può approfittarne? I privati che vogliono tutelare i loro beni, le case d’aste, le gallerie, certo, ma soprattutto il settore pubblico, che può mettere in garanzia il suo patrimonio e in modo universale quello che ha per com’è. «A prova di falchi e di furti, con un codice che non può cambiare e garantisce il bene» aggiunge Rea.

«Dal punto di vista della progettazione sono due anni di sviluppo: bisogna creare due algoritmi. Uno che riconosce i vari 3D ed è componente tecnologica avanzata, abbiamo già informatici che ci possono lavorare; un altro che ci permette di inserire informazioni legate all’oggetto e così se per esempio un 3D ad alta definizione è stato fatto da un museo può avere un punteggio più alto rispetto a quello fatto a casa da un privato con uno smartphone» Giusto per stare nell’area delle garanzie.

«Il progetto guarda molto lontano: noi andiamo a intercettare un trend, perché ci sono già privati che fanno 3D dei loro beni, musei che lo fanno, associazioni che lo fanno» ma non esiste un sistema univoco e universale per condividere a garantire queste informazioni.
«Può sostituire qualsiasi archivio fotografico» che è una prospettiva in cui si stanno inserendo sia le istituzioni pubbliche sia quelle private: il punto è trovare un linguaggio comune. Ed è questo l’obiettivo di aereariumchain.com.