La serranda si abbassa lentamente, come se anche lei facesse fatica ad accettarlo. La ferramenta storica di Vimercate chiude, e con lei se ne va un pezzo di città. Non solo un negozio, ma un luogo dell’anima, un bugigattolo stipato di chiodi, serrature, viti improbabili e soprattutto parole.

Piefrranco Redaelli, il titolare va in pensione. Ma pochi ci avevano creduto liquidando la battuta come una boutade. Lo aveva detto più di un mese fa con un mezzo sorriso, quello di chi sa che è giusto fermarsi ma non è del tutto pronto a lasciare. Perché PieRfranco dietro quel bancone non vendeva soltanto bulloni: raccontava Vimercate, la commentava, la difendeva, a volte la sgridava. Durante le campagne elettorali il negozio si trasformava in un’aula parlamentare in miniatura. Bastava entrare per comprare una rondella e ci si ritrovava spettatori – o partecipanti – di comizi improvvisati, infervorati, autentici. Lui parlava, gesticolava, argomentava. I clienti ascoltavano, ribattevano, ridevano. Nessuno usciva indifferente.
Democristiano da sempre, uomo di parrocchia e di comunità, aveva fatto di quello spazio angusto una ribalta di idee e proposte, un osservatorio popolare dove la politica non era slogan, ma passione civile. Qui si discuteva di strade, scuole, oratori, di come andava il mondo e di come, forse, si sarebbe potuto aggiustare. Proprio come una serratura che non gira più.
Era un punto di riferimento. Lo sapevano gli anziani, i giovani, gli artigiani, chi entrava solo per salutare. Ora resta il silenzio, qualche vite dimenticata sugli scaffali, l’eco di tante discussioni. Vimercate perde una ferramenta, ma soprattutto perde una voce. E non tutte le chiusure si misurano in metri quadri. Alcune si sentono nel cuore della città.