Quindici giorni. Dalla questura di Milano è arrivata l’ordinanza che i clienti della “Dolce Vita” temevano: la pena per il bar gestito da Serenella Babbo è stata decisa dalla Questura milanese dopo che i carabinieri della caserma di Verano Brianza hanno applicato l’articolo 100 del Tulps (testo unico in materia di pubblica sicurezza), notificando la presenza di persone con precedenti penali in diciotto controlli effettuati da agosto 2012 a maggio 2013.
Raccolta firme
A Verano non è la prima volta che un esercizio pubblico viene colpito da un provvedimento come questo: è successo ad inizio estate al “Bar Simpaty” di via Ugo Foscolo (7 giorni), e a gennaio al bar “Blue Eyes” di via Nazario Sauro (10 giorni). Serenella Babbo, sevesina proprietaria del caffè “La Dolce Vita” da 13 anni, ha raccolto – nel tempo che le era stato concesso dalla Questura per ordinare una sorta di memoria difensiva – le firme dei suoi clienti “buoni” (200 persone). Ma questo non ha convinto il questore Luigi Savina che ha firmato l’ordine di chiusura per due settimane. «Purtroppo fare questo lavoro è diventato difficile – commenta Serenella -. Quello che non viene capito è che il barista non ha lo stipendio fisso a fine mese e due settimane di chiusura sono migliaia di euro di danni».
L’articolo 100
Questo l’articolo applicato: “Il Questore può sospendere la licenza di un esercizio nel quale siano avvenuti tumulti o gravi disordini, o che sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose o che, comunque, costituisca un pericolo per l’ordine pubblico, per la moralità pubblica e il buon costume o per la sicurezza dei cittadini. Qualora si ripetano i fatti che hanno determinata la sospensione, la licenza può essere revocata”.
Il barista
Appurato che il barista difficilmente può chiedere le carte di identità come risposta all’ordinazione di un caffè o di un a birra. Appurato che al gestore del bar non viene consegnata dai carabinieri la lista dei nomi e cognomi dei pregiudicati accertati durante i controlli (viene consegnata solo la lista dei reati). Appurato che un barista lavora e non fa il carabiniere, «mi hanno consigliato – continua Serenella – di chiamare le forze dell’ordine tutte le volte che vedo entrare un brutto ceffo. Mi sembra di essere nel mondo delle favole». E intanto dal comune arriva l’invito ai commercianti di partecipare alla serata di presentazione “Il circuito commerciale territoriale PiùCard” per rilanciare il commercio (vedi articolo in seconda pagina, ndr)).
«Una brutta favola»
«E visto che siamo in una sorta di favola nella quale bisogna chiamare le forze dell’ordine se entrano i brutti ceffi, direi che possiamo concludere con un “E vissero tutti felici e contenti…” visto che mi hanno fatto chiudere per due settimane. Vorrei che qualcuno andasse in caserma a chiedere in 13 anni quanti “tumulti o gravi disordini” si sono verificati in questo locale. Consiglio a tutti i giovani che vogliono fare questo lavoro di andarsene fuori dall’Italia». L’Italia: un paese dove una legge del 1931 (Avanti Costituzione) permette a chi è pregiudicato di bighellonare tranquillamente. E a chi lavora dietro un bancone di vedersi togliere la licenza per 15 giorni per un dato oggettivo (la presenza di persone con precedenti penali) che non dipende dal barista. «E a farne le spese è colui che lavora» dice l’interessata. La Dolce Vita riapre domenica 21 luglio.