Partirà a gennaio la sperimentazione di Fase 1 del vaccino anti Covid tutto italiano (anzi per gran parte monzese). Creato nei laboratori di Rottapharm biotech in città e di Takis a Roma sarà testato dal centro di Fase 1 del San Gerardo, tra i pochissimi in Italia all’interno di un ospedale pubblico.
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«Abbiamo un lieve ritardo sulla tabella di marcia – spiega Marina Cazzaniga, direttrice del Centro e docente in Bicocca – gli aspetti autorizzativi hanno preso più tempo del previsto, ma dopo Natale siamo pronti a partire con il primo gruppo di 80 volontari».
«Tutta la documentazione – conferma Lucio Rovati, direttore scientifico e ceo di Rottapharm Biotech, docente di farmacologia in Bicocca – sarà consegnatta settimana prossima all’Aifa (Agenzia italiana del farmaco, ndr), all’istituto superiore di sanità e al comitato etico dello Spallanzani che è capofila in Italia sulla ricerca Covid».
Essere stati il centro della pandemia di questa seconda ondata certo non ha aiutato. «Dobbiamo reclutare volontari assolutamente sani – prosegue Cazzaniga – e soprattutto che non siano venuti in contatto con il virus. Per fortuna abbiamo un’ampia scelta tra gli oltre mille che abbiamo inserito nel nostro registro, ma qualcuno in questi mesi ci ha scritto per informarci di aver avuto il Covid e quindi non potremo arruolarlo. Per fortuna nel registro compaiono volontari anche fuori dalla nostra provincia che in questa seconda ondata sta avendo una percentuale alta di contagiati».
Prima di partire tutti gli 80 volontari avranno uno screening per confermare di non essere mai venuti in contatto con il virus. Saranno 80 persone sanissime tra i 18 e i 55 anni. Dopo questa fase si passerà alla Fase 2 in cui saranno arruolate 200 persone e questa volta le maglie saranno più larghe sia per età sia per eventuali patologie.
«Per l’autunno 2021 – prosegue Cazzaniga – è prevista la Fase 3 per la produzione poi del vaccino. Il fatto di aver organizzato un registro di volontari così ampio non esclude che potremmo essere coinvolti anche in altre sperimentazioni».
È evidente che il vaccino italiano arriverà tardi rispetto ad altri che sono già in una fase più avanzata della sperimentazione se non in produzione, come Pfizer che ne ha annunciato l’arrivo a gennaio: «La corsa di Pfizer – spiega Rovati – è il risultato di investimenti incredibili. La velocità nella ricerca significa investimenti molto forti. Noi abbiamo investito 20 milioni di euro e dobbiamo rientrare, per questo abbiamo già richiesto al governo e all’Unione europea dei finanziamenti per poter affrontare la Fase 3 e la produzione del vaccino».
Anche se arriverà più tardi rispetto ad altri il vaccino monzese sarà comunque utile nella lotta ad un virus di cui conosciamo poco.
«Si tratta di un vaccino a Dna – spiega Rovati – gli altri sono soprattutto a Rna. Questo significa che il nostro potrà essere modificato rapidamente se il virus dovesse mutare e potrebbe garantire una protezione più lunga dal virus».
Il vaccino monzese sarà poi iniettato tramite elettroporazione, una piccolissima scossa elettrica che permette di entrare immediatamente in circolo senza bisogno degli adiuvanti degli altri vaccini che potrebbero avere effetti collaterali.
«In questo momento – conclude Rovati – non sappiamo quale piattaforma tecnologica si comporterà meglio e soprattutto quale darà una garanzia di maggior durata nella protezione. Avere più vaccini complementari è ora vitale e non è escluso che proprio il nostro potrà essere utilizzato come seconda somministrazione dopo quello di Pfizer».