Rampi, la Dia e la ’ndrangheta Mercoledì presidio a Vimercate

Un presidio per “la verità e la trasparenza, forti dell’orgoglio dell’onestà”. Lo hanno organizzato Pd, Sel e Comunità solidale, per mercoledì 30 ottobre, dalle 17.30 alle 19, in piazza Roma. Intanto l’ex vicesindaco Roberto Rampi si difende dalle accuse lanciate dal Fatto quotidiano.

Un presidio per “la verità e la trasparenza, forti dell’orgoglio dell’onestà”. Lo hanno organizzato Pd, Sel e Comunità solidale, per mercoledì 30 ottobre, dalle 17.30 alle 19, in piazza Roma. È la risposta corale della maggioranza per reagire pubblicamente a quella che considera un’onda di fango catapultata sulla città e sull’esecutivo dal Fatto quotidiano che qualche giorno fa disegnava contorni quantomeno inquietanti su possibili condizionamenti esercitati dalla criminalità organizzata. “A Vimercate la mafia, la ‘ndrangheta e ogni altra organizzazione criminale non dialogano con le istituzioni perché non trovano accoglienza”, recita il volantino dell’iniziativa.

Quando nel settembre del 2012 l’allora vicesindaco Roberto Rampi, oggi deputato Pd, apprese dai giornali dell’arresto dei fratelli Giovanni e Vincenzo Miriadi e del cugino Mario Girasole, decise di prendere carta e penna per spiegare ai carabinieri di via Damiano Chiesa che la trascorsa frequentazione nel Pd con Lara Girasole, sorella di uno degli imputati, incensurata e non coinvolta nel processo, militante nel partito negli anni 2008 e 2009 era avvenuta nei cardini del normale attivismo politico senza che mai alcun elemento potesse dare adito a sospetti di ingerenze esterne e devianti. Quella informativa spontanea fu resa al capitano Marco D’Aleo e finì sulla scrivania della Dia, la Direzione investigativa antimafia, per rispuntare fuori ora, a un anno di distanza, nel processo monzese dove l’accusa chiede per gli imputati pene pesantissime per condotta criminale aggravata dal metodo mafioso e adombra illeciti condizionamenti che potrebbero essere stati esercitati indirettamente su palazzo Trotti.

In tutto ciò, a oggi, in procura di fascicoli aperti a carico degli amministratori vimercatesi non ce ne sono. In città, qualcuno scomoda il latino per ricordare che una scusa non richiesta suona come la manifestazione di un’accusa. Altri si limitano a osservare la non opportunità di quell’impellente bisogno di esternazione di Rampi, perché se nulla c’era da dire di quella trasparente frequentazione politica, perché dire e addirittura scrivere un’informativa ai carabinieri? È un cortocircuito che Rampi prova a disinnescare: “Trovo allucinante che se ci si comporta in modo trasparente poi si venga accusati di aver sbagliato e si ribalti addirittura la verità delle cose. Io sono una persona che non discrimina ma sono attento. Quando Lara Girasole si affacciò alla vita politica locale, nel Pd, mi informai e seppi dei trascorsi di cronaca e giudiziari della sua cerchia familiare ma ritenni corretto ed equo che questa ragazza, normale e tranquilla, potesse esercitare una legittima attività d’impegno politico, che fu comunque marginale e restò al di fuori del Comune. In quei due anni scarsi, non ravvisai mai nulla di sospetto. Questo mi sono limitato a dire nella lettera di cui tanto si parla oggi”.

Ma perché quella lettera? “Perché quando ho letto sui giornali di quegli arresti mi sono preoccupato che, un domani, qualcuno potesse usare in modo strumentale quella passata vicinanza con Lara Girasole e ho preferito prevenire, per tutela mia personale e anche del Pd, e di Lara stessa, anticipando e riferendo con trasparenza e verità i fatti reali”. Una precisazione che poteva essere resa comunque se e quando richiesta? “No, è diverso dirlo prima spontaneamente o dopo, magari forzati da prospettive altrui”. Come aver spostato col piede un sasso giù dalla strada per non rischiare di inciampare e farsi male e accorgersi poi, un anno dopo, che la valanga innescata sta correndo a rotta di collo e porta a valle tutto, mischiando quel che è con quel che sembra.