Associazione di tipo mafioso, associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale degli stupefacenti e violazioni in materia di armi sono le accuse per le quali 21 persone sono state giudicate colpevoli in primo grado di appartenere a una “locale” brianzola della ’ndrangheta, smantellata a febbraio dai carabinieri.
La sentenza è stata pronunciata il 21 dicembre dal giudice del tribunale di Milano Lucio Marcantonio: gli altre sette imputati hanno fatto ricorso al rito abbreviato. Le pene vanno dai 6 ai 10 anni di reclusione.
I 28 arresti erano scattati dell’operazione “Crociata” erano scattati il 18 febbraio dopo la firma delle ordinanze di custodia del gip Andrea Ghinetti, che aveva raccolto la richiesta dei pm Marcello Tatangelo e Alessandra Dolci, della Direzione distrettuale antimafia di Milano. Erano stati i carabinieri di Monza a condurre le indagini sulla cosca di Mariano Comense di cui è stato ritenuto capo l’82enne Salvatore Muscatello, già condannato per associazione mafiosa nell’ambito dell’indagine “Infinito”.
Il figlio Domenico Muscatello è stato condannato a 10 anni di reclusione per associazione mafiosa; il nipote Ludovico Muscatello alla stessa pena per associazione mafiosa e traffico di stupefacenti; Leonardo Priolo è stato condannato a 8 anni per associazione mafiosa, mentre Francesco Salvatore Medici è stato ritenuto colpevole di associazione mafiosa, armi e traffico di stupefacenti, sconterà dieci anni; Vincenzo Vincenzo 7 anni di reclusione per associazione mafiosa e traffico di droga, mentre Giovanni Carnelli – che ha partecipato nel 2009 al famigerato summit di ’ndrangheta al centro “Falcone e Borsellino” di Paderno Dugnano) è stato condannato a 8 anni per le stesse accuse.
Gli altri imputati sono stati condannati a vario titolo a pene fino a sei anni.