Monza, da dove ripartire con la generazione Rabbia

Il disagio giovanile e come affrontarlo: il tema di un incontro organizzato al liceo Dehon con tanti ospiti, incluso il cappellano del Beccaria don Burgio.
I relatori dell'incontro al Dehon di Monza sul disagio giovanile
I relatori dell’incontro al Dehon di Monza sul disagio giovanile

Disagio giovanile. Un argomento delle mille sfaccettature che chiama in causa non soltanto i giovani ma anche e soprattutto il mondo degli adulti. Se n’è parlato proprio nel corso dell’incontro “Che ne sanno i Duemila? Viaggio nella generazione Rabbia” lo scorso mercoledì all’istituto Dehon di Monza. Una chiacchierata promossa da Martina Sassoli, consigliere di regione Lombardia, Francesco Cirillo, consigliere provinciale di Monza e Brianza insieme a professionisti ed esperti.

«Occorre ricostruire il patto educativo tra le generazioni di genitori e figli – ha detto Martina Sassoli -. I ragazzi hanno bisogno di modelli concreti reali, non di tante parole vuote». Parlando di disagio giovanile più volte sono emersi i concetti di rabbia, violenza, autolesionismo, frustrazione e, gli stessi relatori da punti di vista differenti hanno messo l’accento sul ruolo della famiglia e le fragilità dei genitori di oggi, spesso incapaci di dire dei “no” che demandano il ruolo educativo alla scuola, all’oratorio, all’allenatore.

Monza, don Burgio: è frustrazione per non essere “performanti”

Come ha scritto nel suo libro don Claudio Burgio, cappellano del carcere minorile Beccaria, “Non esistono ragazzi cattivi” ma ragazzi che hanno bisogno di essere ascoltati. «Dobbiamo uscire dalla logica di colpevolizzazione sempre – ha detto don Burgiodobbiamo guardare oltre e capire da dove nasce quella rabbia. Spesso è figlia del disprezzo di sé, di una frustrazione per non essere “performanti” come la società vorrebbe. I ragazzi devono sapere che è possibile fallire e questo fa parte della vita. Occorre infondere fiducia in loro». Nel corso della serata è emerso come, spesso, alla base della rabbia ci sono anche dubbi esistenziali, timori, incomprensioni che possono portare però a gesti estremi, violenti.

Lo hanno testimoniato Cristina Lorusso e Alfredo Francavilla, due genitori milanesi che hanno deciso di reagire a un episodio di bullismo e violenza verso i loro figli dando vita all’associazione “Io non ho paura del buio” canalizzando la loro rabbia in un progetto destinato a ragazzi e adulti. Al tavolo l’avvocato Marco Negrini, presidente della Camera penale di Monza che ha evidenziato come, il ruolo della famiglia, in alcuni casi, sia la soluzione perché “davanti al dolore emerge un senso di responsabilità” e Renata D’Amico, avvocato penalista minorile.

Monza: «Dobbiamo tornare a vedere i ragazzi come un’opportunità

«Dobbiamo tornare a vedere i ragazzi come un’opportunità– ha sottolineato Federica Picchi, sottosegretaria Regione Lombardia allo sport e ai giovani- non come un problema. Lo sport è uno strumento importante perché insegna come, attraverso la fatica e le sconfitte si ottengono poi dei risultati». Parlando del ruolo dello sport è intervenuto anche don Alessio Albertini, sacerdote e autore del libro “Coraggio e avanti” il quale ha ricordato come sia fondamentale «un’alleanza tra tutti gli ambiti educativi e valorizzare sempre il ragazzo». Tanti i temi toccati legati da un unico invisibile filo rosso fare rete tra genitori, istituzioni, educatori tornare ad ascoltare i ragazzi, cogliere i segnali di fatica e fragilità che si nascondono dietro i gesti rabbiosi.