A Monza, città della regina Teodolinda, del Gran Premio e dei fasti longobardi, si sta affermando una nuova e brillante vocazione: il furto cimiteriale.
Un vero e proprio sport cittadino, che non prevede biglietto, tribune o cronometro, ma solo mani svelte, notti buie e un discutibile senso dell’etica.
Ladri invisibili e metodici, con la delicatezza di un caterpillar e l’empatia di un tornello, stanno facendo razzia al cimitero urbano: via statue in bronzo, rame dai loculi, placche votive, croci, persino maniglie delle cappelle. Nessun affetto è al sicuro, nessuna tomba troppo sacra per essere scassinata. Il cimitero, che dovrebbe essere un luogo di raccoglimento e memoria, somiglia sempre più a un mercatino dell’usato dopo il passaggio di uno sciame di cavallette metalliche. Solo che qui, al posto del baratto, c’è lo scasso; e al posto del venditore sorridente, qualcuno che probabilmente ha già portato la statua della nonna al compro-oro di fiducia.
Il Comune, ovviamente, “probabilmente valuterà misure”, probabilmente con la stessa solerzia con cui si valutano le previsioni meteo del 2050. Le telecamere in giro sono poche, alcune rotte, altre rivolte verso l’unico cespuglio immobile della Brianza. Anzi del tutto inutilizzabili. Il custode fa quello che può, ma non è supereroe e nemmeno un vigilante armato di sensori di prossimità.
Nel frattempo, i cittadini si arrangiano. Qualcuno ha iniziato a fissare le foto ai marmi con il cemento a presa rapida. Altri si portano via i portafiori ogni sera, come si fa con le biciclette a Milano. La paranoia è tale che se vedi una nonna con una borsa capiente aggirarsi tra le tombe, ti chiedi se sia lì per un rosario… o per fare scorta di placche.
Benvenuti al Cimitero “monumentale” di Monza, dove il vero monumento è al degrado e all’indifferenza. E dove, ironia della sorte, l’unica cosa eterna sembra essere l’impunità.