Altro che grattacieli, ville di delizia e rotonde. I veri monumenti della Brianza affondano le radici nella terra e si innalzano verso il cielo con l’eleganza di chi ha visto guerre, mode e sindaci passare oltre la chioma. Si chiamano Cedro, Platano, Farnia, Liriodendro (no, niente paura non è un elfo di Tolkien) e si trovano proprio qui. Tra Cesano Maderno, Nova Milanese, Seveso e Monza. Regione Lombardia ha aggiornato la lista degli alberi monumentali e la provincia si difende alla grande con nuovi ingressi e giganti vegetali dal fascino antico e superbo.
In fondo, è rassicurante sapere che mentre in zona i politici cambiano partito più spesso della camicia, loro restano lì. Fermi. Maestosi. Silenziosi.
Testimoni di un tempo in cui per crescere ci voleva pazienza, non una combinazione di algoritmi anche semplicemente stocastici (esistono credetemi…). Oppure magari calcoli elettorali. Prendete il platano di Seveso. Altro che fughe radioattive, lui è ancora in piedi. O il noce nero vicino a porta Vedano: 135 anni di onorevole servizio e nemmeno una buca in terra. Per non parlare del ciliegio magico di Vergo di Zoccorino, in pratica Besana Brianza. La mappa ministeriale dà loro autorevolezza e li rende quasi delle star su Google. E nel Parco di Monza si sfiorano quote alpine: 42 metri per l’albero dei tulipani.
Altro che terrazze panoramiche, qua si parla di verde che toglie il fiato (in senso buono). L’associazione Rami ne ha contati 239 in tutta la provincia di Monza e della Brianza. Vero, alcuni sindaci non lo sanno, ma gli alberi sì. Loro sanno tutto. Osservano. Crescono. Resistono. E allora, in tempi di tagli facili e potature selvagge, si potrebbe imparare da loro. Radici solide, rami alti e, non sempre ma ogni tanto, un po’ d’ombra per poter pensare