L’annunciazione a Maria è l’annuncio più importante della storia. Apre così la sua omelia il Santo Padre nella grande messa nel Parco di Monza. E ricorda come l’annuncio di Gesù avvenga in una casa, in un luogo nell’anonimato. “…il nuovo incontro con Dio avverrà in posti che normalmente non ci aspettiamo, ai margini, in periferia”.
Il Santo Padre ricorda lo smarrimento di Maria. E ricorda che lo smarrimento di Maria può essere il nostro. Dei nostri tempi.
«Certamente il ritmo vertiginoso a cui siamo sottoposti sembrerebbe rubarci la speranza e la gioia. Le pressioni e l’impotenza di fronte a tante situazioni sembrerebbe inaridirci e renderci insensibili di fronte alle innumerevoli sfide. E paradossalmente quando tutto si accelera per costruire – in teoria – una società migliore, alla fine non si ha tempo per niente e per nessuno. Perdiamo il tempo per la famiglia, il tempo per la comunità, perdiamo il tempo per l’amicizia, per la solidarietà e per la memoria. Ci farà bene domandarci: come è possibile vivere la gioia del Vangelo oggi all’interno delle nostre città? È possibile la speranza cristiana in questa situazione qui è ora?»
«Se continuano ad essere possibili la gioia e la speranza cristiana non possiamo, non vogliamo rimanere davanti a tante situazioni dolorose come meri spettatori che guardano il cielo aspettando che “smetta di piovere”. Tutto ciò che accade esige da noi che guardiamo al presente con audacia, con l’audacia di chi sa che la gioia della salvezza prende forma nella vita quotidiana della casa di una giovane di Nazareth. Di fronte allo smarrimento di Maria, davanti ai nostri smarrimenti, tre sono le chiavi che l’Angelo ci offre per aiutarci ad accettare la missione che ci viene affidata».
Papa Francesco indica le chiavi: evocare la memoria l’appartenenza al popolo di Dio, la possibilità dell’impossibile.
«Quando crediamo che tutto dipenda da noi rimaniamo prigionieri delle nostre capacità, delle nostre forze, dei nostri miopi orizzonti. Quando invece ci disponiamo a lasciarci aiutare (…) .sembra che l’impossibile diventi realtà. Lo sanno bene queste terre che hanno accolto nel corso della storia tanti carismi, tanti missionari, tanta ricchezza per la vita della Chiesa».
«Questa terra e la sua gente hanno conosciuto il dolore delle due guerre mondiali. E talvolta hanno visto la loro meritata fama di laboriosità e civiltà inquinata da sregolate ambizioni. La memoria ci aiuta a non rimanere prigionieri di discorsi che seminano fratture e divisioni come un unico modo di risolvere i conflitti. Evocare la memoria è il miglior antidoto a nostra disposizione di fronte alle soluzioni magiche della divisione e dell’estraniamento».