Chernobyl trent’anni dopo: la Casa della gioia di Unitalsi per i bambini bielorussi

Dagli “internati” alla Casa della gioia gestita in Liguria da Unitalsi Monza. Il disastro di Chernobyl nel 1986 investì e cambio la vita anche della Bielorussia. Dal ’97 i volontari monzesi assicurano un mese di salute per i bambini disabili. Il prossimo arrivo è fissato per il 30 aprile.
Ospiti dalla Bielorussia in festa nella casa gestita al mare da Unitalsi Monza
Ospiti dalla Bielorussia in festa nella casa gestita al mare da Unitalsi Monza Redazione online

Il cesio e lo stronzio la fanno ancora da padroni. Nell’aria, nell’acqua, nella terra. Nella vita della gente. Fu una questione di venti, al principio. Fu così che la Bielorussia venne investita in pieno dalle nubi del disastro nucleare in arrivo dall’Ucraina. Quelle nubi non se ne sono più andate e hanno addensato la vita di molti di conseguenze oscure. Oggi l’effetto Chernobyl è ormai un triste marchio per quello che era uno dei granai d’Europa.

E tra le pieghe di quella tragedia di 30 anni fa, c’è anche il dramma dei tanti bambini nati anche molto tempo dopo ma con pesanti conseguenze fisiche riconducibili agli effetti delle sostanze radioattive. E quando gli effetti non sono diretti, le malattie e le disabilità che si portano dietro sono aggravate dalle condizioni di estrema povertà in cui versano quei territori, anche come conseguenza di quel disastro.

È il 1997 quando la sottosezione Unitalsi di Monza decide di impegnarsi per accogliere ogni anno bambini e ragazzi disabili bielorussi nella Casa vacanze di Borghetto Santo Spirito, attraverso il fondo per i bambini di Chernobyl che ha sede a Gomel, seconda città della Bielorussia, con 500mila abitanti, al centro della vasta area colpita dalla nube tossica. Una ospitalità terapeutica certamente non nuova.

Ma in questo caso Unitalsi, nel segno dell’impegno che da sempre muove “i volontari del sollievo”, ha voluto dare la possibilità di un periodo di vacanza e cura a bambini con disabilità anche molto gravi, per i quali è quasi impossibile la tradizionale ospitalità in famiglia. Molti piccoli ospiti arrivano dagli Internati. Si chiamano, tristemente, così, in Bielorussia, gli orfanotrofi. Alcune settimane in un luogo al mare, conosciuto invece da tutti come “la Casa della Gioia”, possono quindi curare ben oltre la disabilità.

I volontari Unitalsi sono impegnati tutto l’anno nel progetto, anche con visite nei luoghi di provenienza dei ragazzi. E poi c’è chi si occupa dell’abbigliamento. Gli ospiti necessitano di tutto. Spesso arrivano con uno spazzolino da denti e poco altro. Poi il sole, il mare, una dieta equilibrata, giochi e gite fanno il resto. Anche se la differenza, in tutto questo, sta proprio nel rapporto che nasce tra i bambini e i volontari.

«La comunità scientifica garantisce che un mese di vacanza così ha un effetto benefico per chi vive in zona contaminate – sottolinea Rosella Panzeri, referente del progetto Unitalsi – in tal senso non abbiamo strumenti di valutazione, ci fidiamo. Ciò che sappiamo bene, invece, e vediamo chiaramente, è come quelle settimane abbiano un effetto straordinario dal punto di vista del legame affettivo, delle attenzioni e degli stimoli che diamo loro. Un esempio? Rispettiamo i loro ritmi, gli chiediamo cosa vogliono fare. Non sono cose scontate per loro». Perché vivere con una disabilità non è facile, ovunque, ma dove l’esistenza è più precaria, per tutti, diventa impossibile per questi ragazzi mostrare le loro ricchezze. A Borghetto è proprio questo ad emergere: ciascuno, a modo suo, diventa ricchezza per l’altro. E dentro tante storie, nascono altrettanti legami. Basta un sorriso, basta un piccolo passo in avanti per chi fatica a camminare. Questo spinge i volontari a non fermarsi mai.

Il 30 aprile sono in arrivo 60 ospiti. Appena atterrati a Orio al Serio, saranno accompagnati direttamente in Liguria. Ci saranno per loro 30 volontari che si alterneranno ogni settimana. Nella prima daranno il loro aiuto anche nove studenti dell’istituto Greppi di Monticelli Brianza che, con l’alternanza scuola-lavoro, accompagnati da una insegnante di russo ( una giovane bielorussa sposata a un brianzolo, ndr), aiuteranno i volontari con la lingua ma anche nelle attività pratiche di assistenza. La Casa della Gioia è già pronta ad essere tale per un mese.