Altri arresti della Guardia di finanza di Monza dopo l’operazione “Fifty Fifty” che ha coinvolto un commercialista e curatore del Tribunale di Monza. I militari del Gruppo hanno dato esecuzione, martedì 13 febbraio, a un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari e interdittiva, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari di Monza, nei confronti di quattro imprenditori e due commercialisti brianzoli (padre e figlio), questi ultimi collaboratori del Tribunale di Monza con incarichi di curatori fallimentari in numerose procedure concorsuali e custodi di beni pignorati.
Secondo quanto appurato dalle indagini, in seguito al fallimento di una società di Monza operante nel settore dell’installazione di impianti elettrici, il curatore fallimentare rilevava alcune anomalie nella gestione dell’impresa relativa al periodo immediatamente precedente al fallimento, dichiarato a gennaio del 2016. In particolare, emergeva l’esecuzione di pagamenti “preferenziali” (per un importo complessivo di 100.000 euro) nei confronti di soci e professionisti nonché la costituzione di una nuova società, con il medesimo oggetto sociale dell’impresa fallita, nella cui compagine sociale figurava, quale socio di maggioranza, un noto commercialista brianzolo.
La Procura della Repubblica di Monza ha quindi delegato ad indagare sulle citate irregolarità il locale Gruppo della Guardia di Finanza, che ha approfondito la situazione amministrativa, contabile e societaria della fallita, orientando, in particolare, l’attività investigativa – svolta anche mediante intercettazioni telefoniche ed ambientali – nella ricostruzione delle condotte illecite e dei relativi responsabili.
Le Fiamme Gialle hanno così accertato l’avvenuta distrazione di due rami d’azienda della fallita a beneficio della nuova società – appositamente costituita per “svuotare” il soggetto in crisi – in assenza di qualsiasi contratto o corrispettivo. Nel realizzare tali condotte illecite i tre imprenditori sarebbero stati “aiutati” dai due commercialisti brianzoli con ausilio tecnico per sottrarre alla società fallita i rami d’azienda e la disponibilità nell’occultare la reale titolarità dell’impresa neocostituita – riconducibile ai predetti tre imprenditori – mediante l’intestazione fiduciaria del 95% delle quote di quest’ultima.
Peraltro, il commercialista più giovane operava in evidente conflitto di interessi poiché seguiva come clienti dello studio del padre i tre imprenditori nonostante fosse anche custode giudiziario, nominato dal Tribunale di Monza, di un immobile pignorato alla società fallita. Proprio in tale veste, questi risulta, inoltre, indagato per il reato di abuso di ufficio per aver omesso di esigere canoni di locazione dall’occupante del citato immobile, procurando in tal modo un ingiusto vantaggio (pari a circa 300.000 euro) alla società poi fallita che, in forza del contratto di locazione, continuava ad incassare i relativi canoni.
Nel corso delle indagini, i Finanzieri hanno poi accertato un singolare episodio distrattivo commesso sempre dai medesimi imprenditori (padre e due figli) nell’ambito di un’altra procedura fallimentare, consistito nell’espiantare dal giardino di pertinenza di un immobile di proprietà della società fallita alcuni alberi di pregio (1 ulivo secolare e 2 pini), da vendere a terzi interessati, in tal modo sottraendoli alla massa fallimentare.
Le risultanze investigative acquisite dalla Guardia di Finanza, coordinata dalla Procura della Repubblica di Monza, hanno, quindi, portato all’emissione da parte del G.I.P. di un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari nei confronti dei 3 soci della fallita e del più giovane dei 2 commercialisti, nonché di divieto temporaneo di ricoprire uffici direttivi delle persone giuridiche (per la durata di 6 mesi) nei confronti dell’amministratore della società neo-costituita e di divieto temporaneo di esercitare la professione di commercialista (per la durata di 6 mesi) nei confronti dell’altro professionista.