L’ultimo detenuto è arrivato in via Sanquirico lunedì 16 giugno, poche ore prima del consiglio comunale di Monza dedicato ai problemi del carcere: con lui i reclusi sono saliti a 733, di cui 347 stranieri, a fronte dei 411 posti disponibili. Il quadro, drammatico, è stato dipinto in aula dalla direttrice Cosima Buccoliero: «Poche settimane fa – ha spiegato – abbiamo sfiorato le 750 presenze, questa situazione ci mette in ginocchio anche perché aumentano continuamente le persone fragili».
Carcere di Monza: i numeri
Circa 250 reclusi hanno problemi psichiatrici, molti altri anomalie del comportamento che non consentono loro di svolgere attività con gli altri ospiti e quasi 500 sono tossicodipendenti: numeri tanto abnormi non permettono al personale e ai servizi che lavorano in rete di seguirli in tempi adeguati.
Carcere di Monza: il reinserimento lavorativo
Nel percorso di reinserimento il lavoro è fondamentale: «Quando un detenuto esce a fine pena senza nessun tipo di accompagnamento – ha precisato la direttrice – è una sconfitta. Conviene a tutti investire per abbattere le recidive, ma fatichiamo a trovare imprenditori disposti a farlo».
Attualmente 30 carcerati lavorano nella struttura alle dipendenze di privati e 18 in ditte esterne, circa 250 sono assunti all’interno dall’amministrazione penitenziaria e 7 fuori, 6 sono in semilibertà.
Carcere di Monza: il personale
Il sovraffollamento è aggravato dalla carenza di personale: secondo l’organico, calibrato su 411 posti, gli operatori dovrebbero essere 296 ma quelli in servizio sono 278: «Il nostro carico di lavoro aumenta anche perché cerchiamo di garantire loro una maggior libertà di movimento» ha dichiarato la comandante Emanuela Anniciello. Il sovraffollamento genera incompatibilità che spesso sfociano in episodi critici: da gennaio a lunedì sono stati avviati 359 provvedimenti disciplinari a carico dei detenuti, si sono verificate 10 aggressioni fisiche ai danni del personale, 29 tra oltraggi e violenze, 71 colluttazioni tra carcerati e un incendio.
Carcere di Monza: il garante dei detenuti
Nelle celle, ha commentato il garante dei detenuti Roberto Rampi, ci sono molte persone in grave stato di marginalità «che la società non riesce a gestire». È necessario garantire loro il diritto alla salute e aumentare le opportunità di lavoro, anche coinvolgendo la Provincia e le associazioni: «Monza – ha detto – può far da traino e chiedere agli altri comuni di fare la loro parte» perché, come ha notato l’assessore al Welfare Egidio Riva «il carcere è a Monza ma non è di Monza».
Carcere di Monza: le risposte del consiglio comunale
La necessità di favorire il lavoro dei detenuti è stata riconosciuta dall’intero consiglio. «Da presidente della Provincia – ha ricordato Dario Allevi – ho stanziato 100.000 euro per le assunzioni ma quasi nessun imprenditore» si è fatto avanti.
Il forzista Pierfranco Maffè ha proposto di ripristinare il fondo per finanziare i progetti a cui tutti i comuni della Brianza contribuivano con cifre simboliche mentre il sindaco Paolo Pilotto ha riconosciuto l’opera svolta in via Sanquirico da tanti ì volontari.