Monza – Un Davide nella terra del Golia Meregalli. E senza alcuna intenzione bellicosa. Soprattutto perché le sue scelte sono altre: aziende strettamente familiari, vini dimenticati, ben delimitato spazio di lavoro. Insomma, la regola è una: piccolo è bello ed è meglio. Lui si chiama Matteo Armillotta, è monzese e da otto anni si occupa a tempo pieno della “Profondo rosso distribuzione vini”.
Il 2001 è l’anno in cui il suo ex datore di lavoro – faceva l’impiegato – l’ha chiamato in piena estate e gli ha detto: «Creiamo una società di distribuzione vini». Ha dovuto pensarci poco: ha detto sì. E ora, con due soci di capitale, si occupa in prima persona di tutto, dalla selezione alla consegna. «Un vantaggio, certo, per molti aspetti: alla fine alcuni clienti diventano degli amici, il rapporto è molto stretto». Ma la scelta individuale si è portata altre ricadute. Anche provinciali. «Con la crisi negli ultimi anni molti agenti hanno tentato di allargare le loro zone, vanno ovunque. Ma così si crea solo confusione, spesso i clienti si trovano più rappresentanti di una stessa etichetta. E allora un anno fa, con l’arrivo della Provincia, ho deciso: solo Monza e Brianza. Per dare garanzie a chi produce e a chi compra».
Piccola area, piccola società, piccole etichette, appunto. «Preferisco distribuire i vini delle aziende familiari – racconta – quelle che vivono di quello che fanno, da generazioni. E questo mi porta spesso a preferire le denominazioni ormai sconosciute, ma che hanno ancora molto da raccontare. Chi si ricorda della Coda di volpe campana? Eppure esiste, ed è un vino straordinario». Come lo è lo Spanna, una doc novarese, oppure il Rosso Conero e il Castelli di Jesi, o ancora «il Dolcetto di Dogliani, spesso soffocato dalla dominazione di quello d’Alba. Ecco, mi piace promuovere le realtà oggi poco conosciute. È un lavoro più difficile, ma credo sia anche più bello».
Con la scommessa in più a favore dei ristoratori: portare etichette che i clienti difficilmente troveranno altrove. Il listino è costruito pezzo a pezzo, scoprendo i vini prima e chiedendo solo poi campioni ai produttori. «Poi verifico il rapporto qualità-prezzo: quando funziona, lo prendo. E di solito chiedo l’esclusiva». Il guaio? Proprio lui, il mercato, che in pochi anni è stato strozzato dalla crisi e «dalla paura provocata dalla contrazione dei limiti di alcol per la guida. Ora molti semplicemente non bevono nemmeno più una bottiglia tra amici per il timore di superarli, anche se non è così». E poi i pagamenti, la liquidità, una tortura che nelle stagioni più recenti ha rischiato di mettere alle corde il settore. «Lo faccio per passione, d’accordo. Ma è sempre il mio lavoro».
Ma.R.