Lesmo – Questa storia che si snoda tra Emilia e la Brianza parte da una sentenza. Parma, 26 settembre 2012. Il giudice Pietro Rogato deposita la sentenza numero 76 del tribunale fallimentare, che sancisce il fallimento della Solar più, una società che si occupa, riporta il dispositivo, di “produzione e commercializzazione di impianti solari fotovoltaici, eolici e termici e di illuminazione a basso consumo a uso civile industriale”. Insomma, la classica azienda che ha cercato il business nel campo della green economy. Ma la Brianza cosa c’entra? C’entra, c’entra. Perché basta scorrere il testo per leggere che il presidente del consiglio di amministrazione di questa Solar è Lucio Malagò, sindaco di Lesmo per due mandati dal 1993 al 2002 e candidato alle prime, e forse ultime elezioni provinciali di Monza Provincia tra le fila della Lega lombardo-veneta nel 2009.
L’avventura – Per scoprire maggiori dettagli basta fare una telefonata. Dall’altra parte della cornetta c’è Aldo Barbera, un sindacalista emiliano che ha seguito per intero la vicenda. “La società nasce nel gennaio 2011 – spiega – a seguito del concordato preventivo che riguardava un’altra azienda storica del territorio specializzata nella componentistica soprattutto per delle caldaie, la Ca.To.Bo che stava navigando in cattive acque”. I salvatori dell’azienda arrivano dalla Brianza e sono capitanati da Lucio Malagò. “Insieme alla moglie Carmen Spinella (che un mese fa ha tragicamente scelto di porre fine alla sua vita gettandosi sotto un treno vicino alla stazione di Arcore, ndr.) e al figlio dell’ex proprietario della Ca.To.Bo ha rilevato il ramo che si era specializzato nella produzione di impianti solari termici”.
Le prime crepe – Una ventina di lavoratori, sui sessanta dipendenti della Ca.To.Bo, passano alla nuova sosocietà che ha il nome di Solar più. Per i primi mesi la situazione sembrava essere tornata quella che ogni lavoratore sognerebbe: lavoro e stipendi assicurati. Ma a maggio 2011 iniziano i problemi. Le spettanze mensili iniziano ad arrivare con il contagocce. I sindacati si muovono, incontrano spesso i vertici aziendali. La società ha un capitale di 20mila euro, una miseria. Alla fine di questo strazio, la Solar più è arrivata ad accumulare un ritardo di sette mensilità mai corrisposte ai propri dipendenti. I lavoratori, che in Emilia assicurano avere un’alta fidelizzazione verso l’azienda, trovano un accordo con la dirigenza: la rateizzazione del debito. Ma, puntuale come un orologio svizzero, arriva la doccia fredda: la prima rata non viene pagata.
Il fallimento – Da qui alla richiesta di fallimento il passo è stato breve, anzi brevissimo. “Abbiamo scoperto che non avevano una lira – continua Aldo Barbera – Tra la prima e seconda udienza al tribunale fallimentare è avvenuta la tragedia che ha riguardato la moglie di Lucio Malagò, la signora Carmen Spinella, che avevamo incontrato diverse volte insieme al marito quando abbiamo cercato di trovare una soluzione alla crisi della società. Si erano presentati vantandosi di avere grandi capacità manageriali e finanziarie. Invece non sapevano proprio nulla”. In poco più di un anno di attività, la Solar più è arrivata ad accumulare oltre 170mila euro di debito con i propri dipendenti, scesi nel frattempo a 8 unità. Questo senza contare i contributi previdenziali (almeno altri 170mila euro) e i crediti vantati da diversi fornitori, mai pagati. Ora arriverà il curatore fallimentare, che avrà un iter molto breve da seguire, come spiega ancora il sindacalista emiliano: “La società era una scatola vuota che aveva affittato dei capannoni. Malagò aveva solo delle mire finanziare. Che adesso sappiamo sulla nostra pelle dove ci hanno portato”.
Davide Perego
d.perego(at)ilcittadinomb.it