Il grande ciclismo a Monza La volata di Giorgio Albani

C’è una luce. Poi c’è il bianco, e il nero. Il giallo, scolorito, della maglia Molteni. Il marrone e nero, l’iride. Sì, c’è una luce, negli occhi di chi esce dal Binario 7. La patina di commozione che vela lo sguardo accentua e illumina i ricordi. Magia del ciclismo.

C’è una luce. Poi c’è il bianco, e il nero. Il giallo, scolorito, della maglia Molteni. Il marrone e nero, l’iride. Sì, c’è una luce, negli occhi di chi esce dal Binario 7. La patina di commozione che vela lo sguardo accentua e illumina i ricordi. Magia del ciclismo. “La bicicletta fa rivivere i valori che spesso dimentichiamo”, dice nel suo elzeviro Claudio Gregori, che canta la grandezza di Giorgio Albani e crea scenari rosa, come le pagine del giornale per cui scrive. “Amicizia, fedeltà. Amore”. Parole di una serata che hanno scritto una delle pagine più belle dello sport degli ultimi anni, in città. Scorrono i video, le foto. La Coppa Bernocchi del ’53 con il Ponte della Becca e i passaggi a livello, Toni Bevilacqua, Alfredo Martini e Albani primo in volata. L’Olimpico di Roma con Hugo Koblet e Fausto Coppi, nell’ultimo Giro di Gino Bartali. I 43 superstiti del Bondone, nel ’56, che arrivano a Lecco. E davanti a tutti sempre lui, Albani. “Non so se mi merito tutto questo”, spiega impacciato. Macchè. “È il più grande direttore sportivo che ho mai avuto”, spiega Eddy Merckx, che interviene telefonicamente dal Belgio. “Con le tue gambe sarebbero stati tutti dei bravi diesse”, chapeau ai suoi garùn, replica Albani. Ma l’estintore della sua modestia non spegne l’amore che la sua Munscia gli offre. “Il primo della classe, un uomo vero. Un’altra categoria”, aggiunge Alfredo Martini, alla cornetta da casa. Sfilano tutti per ricordare la grandezza del ciclista e del direttore sportivo, l’Albani dei 51 Giri d’Italia. Ci sono Ercole Baldini, Ernesto Colnago, Gianni Motta, Felice Gimondi. E ancora Michele Doncelli, Giuseppe Fezzardi, Guido Neri, Bruno Colombo, Giampiero Macchi, Davide Boifava, Pietro Scandelli, Franco Cribioli, Marino Vigna. Gianni Bugno è a Gerusalemme, ma vince la sua proverbiale timidezza per un video di saluto, di ringraziamento. Albani sorride. “Mi sono sempre confrontato con due mostri del ciclismo, qui a Monza. Fiorenzo Magni e Gianni Bugno. Il mio albo d’oro di ciclista impallidisce, in confronto al loro. Ma li batto in monzesità, perché uno era nato in Toscana, l’altro in Svizzera”. C’è tutta la Molteni, c’è il ricordo di Isaia Stefano. Ci sono Auro Bulbarelli, Stefano Allocchio, Giuseppe Figini, Mauro Vegni, la macchina del Giro. Il sancta sanctorum della pedivella. Per un maestro dei tubolari. Per un uomo vero.