Ricordando Giancarlo Bulli, artefice della costruzione e del Madì

Un particolare di un’opera di Giancarlo Bulli
Un particolare di un’opera di Giancarlo Bulli

Un anno fa veniva a mancare Giancarlo Bulli, e ora a ridosso del Natale 2021 mi è caro farne ricordo, perché non c’erano annate di fine anno in cui dimenticava di telefonarmi per farmi gli auguri o addirittura per programmare qualcosa insieme, un libro d’artista (ricordo l’ultimo libretto fatto in comune da Pulcinoelefante di Alberto Casiraghi dal titolo “Terra” nel 2017), l’inserimento di sue opere in rassegne sul contemporaneo, come l’invito alla mostra “Principio del giorno. Bianco e Nero”) da me curata allo storico liceo artistico statale di Brera nel 2017, ecc. Bulli era un medico, un artista, e un signore d’altri tempi.

Ricordando Giancarlo Bulli, artefice della costruzione e del Madì
Giancarlo Bulli

Signore nel più nobile dei modi, e altruista, specie quando faceva mettere in asta sue opere, il cui ricavato andava in beneficienza; in particolare a Colnago, dove per tanti anni aveva svolto la professione di medico condotto. Una professione quella medica a cui si era aggiunta quella di artista, specie nell’età più avanzata della sua vita (la sua prima personale fu alla Permanente di Bergamo nel 1961). Originario di Pietrasanta, in provincia di Lucca, Bulli era presto diventato un punto di riferimento per tutta la comunità cornatese, che nel 2012 gli aveva assegnato la benemerenza “Airone d’Oro”; grande -come dicevamo- il suo impegno anche in ambito solidale e ogni anno, infatti, metteva all’asta alcune sue opere d’arte, donando poi il ricavato della vendita alla cooperativa sociale onlus “Fonte di solidarietà”.

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Giancarlo Bulli

Questo suo essere medico, artista e soprattutto uomo, si è notato in occasione della sua morte: “Abbiamo perso un punto di riferimento per tutta la nostra comunità – ha commentato con profonda tristezza il sindaco di Cornate Giuseppe Felice Colombo – Il dottor Bulli ha fatto tanto prima per Colnago, quindi per tutta la città. Era arrivato dalla Toscana negli anni ’60, ma si era subito inserito nel nostro tessuto sociale, incarnando alla perfezione la figura del medico condotto, un punto di riferimento per tanti cittadini. Non possiamo poi dimenticare il suo impegno in ambito sociale”.


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Giancarlo Bulli (1925-2020) per troppo amore del concreto è finito nell’astrazione e ed è diventato come Pound “miglior fabbro” nel senso del costruire, giacchè in questo modo il suo lavoro si è fatto peso tra pittura e scultura, compiendo una oscillazione pendolare verso il palo della fisicità, sollecitato dal mito romantico dell’uomo fanciullo da una parte, e dall’altra da uno sperimentalismo mediato e radicato in un ritmo necessario e naturale. Costruttivismo, decostruttivismo, nuova visualità, chiariscono solo in parte la scelta del nostro artista che conduceva le sue esperienze di lavoro come una mobilia che allinea i segnali, i quali annunciano anche un imminente cambiamento di atmosfere.

Il suo campo visivo stringeva la percezione su una convenzione linguistica che il movimento internazionale Madì ha fatto sua, e che è stata anche di Giancarlo Bulli che ne è stato il cofondatore; era il 1990 quando Salvador Presta del Movimento Madì Internazionale, chiusa l’esperienza genovese, ricostituisce il “Movimento Madì Italia“ presso Arte Struktura, Milano diretta da Anna Canali, che viene nominata segretaria del movimento e furono chiamati a partecipare gli artisti A. Biasi, Giancarlo Bulli, G. Caporicci, E. Fia Fozzer, Reale F. Frangi, L. Piemonti e R. Sernaglia. E’ da qui che partono chiarimenti e oscuramenti, implicazioni ed esplicazioni, che vanno oltre la metafora della costruzione pittorica, trasformano il tempo e lo spazio in una lirica accezione mitica, di crogiuolo archetipico, di dare e togliere forma, di raffrontare, per affinità e differenze, l’immagine e il corpo del mondo, sfuggente e abissale. Da qui quella modulazione archetipica delle forme che puntava a una sorta di primitività, di astrazione. Nel 1917 Paul Hatvani proponendo una sua interpretazione dell’arte moderna come “Revolution fur das Elementare”, scriveva: “La via per l’elementare è l’astrazione. L’astrazione più conseguente conduce all’elementare”.

Ricordando Giancarlo Bulli, artefice della costruzione e del Madì
Giancarlo Bulli

Bulli per questo suo modo di procedere e costruire, specie i totem dorati, e per le opere monocrome assemblate, era uno degli artisti della storica e famosa galleria di Milano Artestruktura di Anna Canali (Galleria Arte Struktura, Fiera di Milano1985; 1987; 1989), che movimentò il Madì con spettacolari mostre di cui una, “L’arte costruita”, con il testo in catalogo di Giulio Carlo Argan. Le strutture di Giancarlo Bulli vanno osservate in estensione ed anche in una fisionomia allo stato tensivo, da colonna, ma seguono anche altre geometrie, altri mondi, si pongono in forma concava e convessa, assorbono fratture, legano gli spazi alla luce. In Bulli nell’opposizione nero/bianco si converte il nero/oro, ove l’oro ha l’aspetto della luce che si fa mare e finestra. Dal nero delle sue diverse sfumature che raschiano nelle tre dimensioni le sagome-forma, nero come tenebra, all’oro-luce, in un compiersi di corpo elegia. L’evoluzione concreta di Bulli è nel campo della forma pura e del colore puro, equilibrati; croci, piani, aggregazioni, losanghe, ogni forma con i pesi di colore e attraverso di essi vive di per sé. Bulli nel suo lavoro contiene la luce e l’abisso.

Questi moduli di Bulli chiariscono come nel nascere alla coscienza sono già memoria, riflessione acuta, iscrizione, sibillina traccia, assemblamento, stele. Operazioni decostruttive sono quelle del nostro artista, le sue opere nascondono un’ulteriore struttura, spesso invisibile, che può essere paragonata a delle strutture profonde che l’arte spesso nasconde ai più; gli storici dell’arte parlano per ciò di grammatica trasformazionale delle forme. Resta che già il cubismo trattando del sistema dei colori, movimentava la concezione della tela come costruzione di uno spazio, e pertanto è fondamentale nella loro tavolozza il colore grigio-fumo. Il grigio cubista deve corrispondere alla ferrea volontà di reinventare lo spazio. Lo è stato anche per Bulli un colore d’eccellenza, avendo fatto suo un verso di Mario Luzi, laddove esiste un ricordo di “profonda luce nera” che si proietta come in un mondo orfico, limbale.

Ricordando Giancarlo Bulli, artefice della costruzione e del Madì
Giancarlo Bulli

Bulli artista ci ha lasciato opere sorprendenti, sculture bibliche, costruzioni immaginarie, forme e geometrie che brillano sotto più che sopra. Queste forme con Bulli hanno non solo un ritmo interno ed esterno, ma una pelle a volte liscia e a volte ruvida, interrotta da correnti, vortici, sbandamenti, soffi e fratture, prive di un centro fisso, diramate in una pluralità di luoghi periferici, il cui tempo è una durata che non dura.

Di tutti questi spazi non v’è geometria possibile, in cui luce e abisso tengono sul limite la frammentarietà dell’esistenza. Il percorso di Bulli partito nel 1961 con la partecipazione al Premio Città di Viareggio” a Viareggio e via via proseguito alla Galleria delle Ore a Milano nel 1964, con la svolta alla mostra “12 operatori plastici del Gruppo Artestruktura al Palazzo delle Stelline a Milano nel 1980, è andato poi a focalizzare mostre tutte orientate al costruttivismo, al concretismo, al cinevisualismo, come quella del 1998 dal titolo “Movimento Internazionale Madì Italia alla Galleria Radice di Lissone. Carlo Franza

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Carlo Franza

Ricordando Giancarlo Bulli, artefice della costruzione e del Madì
Giancarlo Bulli

Nato nel 1949, Carlo Franza è uno storico dell’arte moderna e contemporanea, italiano. Critico d’arte. È vissuto a Roma dal 1959 al 1980 dove ha studiato e conseguito tre lauree all’Università Statale La Sapienza (lettere, filosofia e sociologia). Si è laureato con Giulio Carlo Argan di cui è stato allievo e assistente ordinario. Dal 1980 è a Milano dove tuttora risiede. Professore straordinario di storia dell’arte moderna e contemporanea (Università La Sapienza-Roma) , ordinario di lingua e letteratura italiana. Visiting professor nell’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano e in altre numerose università estere. Giornalista, critico d’arte dal 1974 al 2002 a Il Giornale di Indro Montanelli, poi a Libero dal 2002 al 2012. Nel 2012 ritorna e riprende sul quotidiano “Il Giornale” la sua rubrica “Scenari dell’arte”.