Lavoro, Monza meglio dell’Italia. Ma le cessazioni superano gli avviamenti

Cisl Monza e Brianza preoccupata per i dati di inizio 2019: 60mila persone hanno lasciato il lavoro e quelle assunte sono solo 47mila. Intanto nell’industria vanno a ruba i manutentori: le aziende se li contendono
Da sinistra Eleonora Bescapè, Barbara Guardamagna, Rita Pavan, Enzo Mesagna
Da sinistra Eleonora Bescapè, Barbara Guardamagna, Rita Pavan, Enzo Mesagna Fabrizio Radaelli

La Brianza è messa meglio del resto d’Italia: se a livello nazionale si è cantato vittoria perchè il tetto di disoccupazione è sceso sotto il 10%, la provincia di Monza è, infatti, al 6% nel 2018, con un tasso di occupazione del 67,4%. Un livello, insomma, che da altre parti firmerebbero subito. Eppure i dati che arrivano dal mercato del lavoro all’inizio del 2019 fanno nascere qualche perplessità: «Nei primi tre mesi dell’anno -spiega Enzo Mesagna, responsabile del dipartimento Mercato del lavoro della Cisl Monza Brianza Lecco- le cessazioni hanno superato gli avviamenti. Ora vedremo quale sarà il trend, ma è un elemento che ci preoccupa». Anche perchè negli ultimi quattro anni le statistiche inducevano alla fiducia: i lavoratori assunti erano sempre di più di quelli che hanno lasciato l’impiego.

Un segnale di allarme di cui bisogna tenere conto che rivela probabilmente una situazione di incertezza che toglie prospettive alle imprese. I numeri assoluti, d’altra parte, autorizzano a qualche pensiero negativo: oltre 47mila avviamenti, ma le cessazioni superano quota 60mila. Un dato che fa il paio anche con quello relativo alle aziende: secondo quanto riferito dalla Camera di commercio, infatti, lo stesso fenomeno si è verificato nelle iscrizioni all’ente camerale: in Brianza, sempre nei primi tre mesi dell’anno, sono state 1609, ma le aziende che si sono tolte dall’albo perchè hanno concluso l’attività sono di più: 1822.

Dal punto di vista delle assunzioni pagano dazio soprattutto quelle con contratti di somministrazione, calate del 25%, mentre per quanto riguarda i settori, marca male l’industria, con il 7,7% in meno di fronte ad un aumento dei servizi, dell’agricoltura e delle costruzioni. «Gli avviamenti sono molto più numerosi per le qualifiche basse -continua Mesagna- mentre si registra una mobilità molto elevata per quanto riguarda gli under 34». Una circostanza dovuta al tipo di contratti e anche a un approccio al lavoro che sta caratterizzando le nuove generazioni, pronte a cambiare esperienza per cercare di crescere. I contratti a tempo indeterminato, d’altra parte, rappresentano solamente un quarto del mercato del lavoro, il resto sono a tempo determinato o con formule ancora più “precarie”.

Ci sono stati, comunque, a inizio anno, 961 assunzioni in apprendistato, 770 con lavoro a progetto, oltre 13mila a tempo determinato e 7.649 a tempo indeterminato, comunque cresciuti a del 14%. In grande ribasso è il lavoro a somministrazione: 2.522,ma nello stesso periodo 2018 su superava quota 3.300

La Csil ha presentato anche l’attività di due servizi che puntano ad aiutare le persone disoccupate e che hanno perso il lavoro: lo Sportello lavoro, attivo da settembre a Monza e Seregno. «Diamo informazioni a 360 gradi -spiega Eleonora Bescapé, operatrice dello Sportello- indicazioni per ottenere la Naspi (l’indennità di disoccupazione nda) e ci occupiamo soprattutto di orientamento per i lavoratori over 50 che hanno svolto la loro attività sempre con la stessa azienda. Li aiutiamo a scrivere un curriculum, una lettera di presentazione, li sproniamo a cercare lavoro». Lo Ial, invece, svolge questa opera di sostegno soprattutto nell’ambito della formazione: negli ultimi tre anni, ad esempio, si è occupato di corsi di inglese e informatica per i lavoratori della Candy, che avendo superato il limite del 50% di sospensione del lavoro hanno l’obbligo della formazione. Ma allo stesso modo sono state seguiti anche i dipendenti di molte altre aziende in crisi, per aiutarli a ricollocarsi. Quello che chiedono oggi le aziende è soprattutto la flessibilità di mansioni e orario, la capacità di comunicare, di lavorare in gruppo. Tutti elementi che chi ha lavorato per anni nello stesso posto (ma anche i giovani) fanno fatica a digerire. «Siamo di fronte al fenomeno che io chiamo dei precari dell’obsolescenza -spiega Rita Pavan , segretario generale della Cisl Monza Brianza Lecco- Persone che hanno fatto sempre lo stesso lavoro e non hanno avuto opportunità per riqualificarsi. Se c’è una riorganizzazione in azienda per loro la situazione diventa difficile». In generale per ricollocarsi è meglio avere una specializzazione, anche per riuscire a spuntare qualcosa in più di stipendio.

I salari hanno perso progressivamente il loro potere d’acquisto, anche se in alcuni casi i lavoratori riescono a spuntare qualcosa di più. Come i manutentori che nell’industria sono diventati richiestissimi: le aziende se li rubano perchè ne hanno bisogno e questo fa sì che possano aumentare le loro richieste di retribuzione.