La crisi della K-Flex di Roncello: prese di posizione di Diocesi e Cgil brianzola

Apparentemente non sembrano esserci novità davanti alla K-Flex di Roncello, la multinazionale dei materiali isolanti che ha annunciato la chiusura dello stabilimento e 187 licenziamenti. Presa di posizione di Diocesi e Cgil Monza Brianza.
Presidio permanente alla K-Flex di Roncello: una foto scattata alle 5 del mattino
Presidio permanente alla K-Flex di Roncello: una foto scattata alle 5 del mattino Signorini Federica

Apparentemente non sembrano esserci novità davanti alla K-Flex di Roncello, la multinazionale dei materiali isolanti (13 stabilimenti nel mondo) che ha dichiarato di voler portare la produzione dello stabilimento brianzolo (dove l’azienda è nata) in Polonia licenziando 187 lavoratori. I lavoratori proseguono il presidio permanente (e venerdì 24 febbraio sarà un mese da quando è stato avviato).

Ma intanto due prese di posizione sulla vicenda, e significative, vengono dalla Diocesi di Milano, attraverso un documento della Pastorale sociale e del lavoro, e dal segretario generale della Cgil Monza Brianza, Maurizio Laini.

La Diocesi dichiara «vicinanza» ai lavoratori e ritiene «difficile comprendere la decisione della famiglia Spinelli».

«Abbiamo sempre manifestato la nostra stima e gratitudine a chi, come la famiglia Spinelli, ha saputo creare realtà imprenditoriali che si sono distinte in tutto il mondo, siamo fieri del fatto che siano nate sul nostro territorio e siamo certi che a farle diventare grandi sia stato il lavoro di tante donne e tanti uomini che abitano le nostre terre. Chiediamo a tutti di fare un passo avanti, all’azienda così come ai lavoratori e ai loro rappresentanti, insieme alle istituzioni».

«Siamo certi – prosegue la nota – che sia possibile costruire uno sviluppo industriale per questa azienda che non preveda il licenziamento di così tante persone, senza per questo rinunciare alla legittima aspirazione del gruppo imprenditoriale di restare competitivo in tutto il mondo. Occorre rischiare insieme un gesto di speranza e di disponibilità che coinvolga le parti che oggi sono così lontane».

Laini definisce «devastante» la vicenda K-Flex che va «letta per quello che è: una scelta irresponsabile della famiglia Spinelli, tesa a guadagnare di più passando sopra qualsiasi richiamo ai lavoratori, al loro contributo storico alle fortune dell’azienda, ai loro diritti affermati persino dalle leggi, ai loro bisogni; passando sopra alle esigenze di un territorio fin qui collaborativo e a milioni di fondi pubblici stanziati per sostenere la vita e il futuro – sul territorio – di quell’azienda stessa».

Per la K-Flex, dice Laini, «non è la stramaledetta “crisi” a consigliare una delocalizzazione: a detta dell’amministratore delegato che si è sempre negato ai tavoli di una discussione con lavoratori e sindacato, l’azienda è leader mondiale, è solida, ha progetti. Non è quindi la “crisi” che porta ai licenziamenti: non una crisi di mercato, non una crisi finanziaria o di liquidità, non un’obsolescenza tecnologica o la scarsa competitività. Semplicemente in Polonia c’è da guadagnare di più».

«In modo arrogante, con decisione unilaterale, senza confronto, senza spiegazioni, l’azienda prova a svuotare i magazzini e i capannoni, trasferendo produzioni e macchine in Polonia. È consolante la gara di solidarietà che si è scatenata sul territorio: lavoratori di altre aziende, sindacati, istituzioni locali, Regione Lombardia, la Chiesa Ambrosiana, persino il Ministero dimostrano di aver capito bene: un’azienda nata qui, costruita con fatica, sorretta dal lavoro brianzolo fino a diventare leader mondiale, decide di ripudiare la propria storia, misconoscere le proprie radici, abiurare le responsabilità nei confronti delle famiglie; per qualche dollaro in più».