Serie D, stangata sulla Folgore Caratese: il presidente Criscitiello squalificato fino al 30 aprile 2022

Pesanti i provvedimenti del giudice sportivo nei confronti della Folgore Caratese dopo il match casalingo perso contro il Bra: il presidente Criscitiello squalificato fino al 30 aprile 2022, il responsabile dell’area tecnica Giacomo Diciannove fino all’1 settembre 2021.
Il presidente della Folgore Caratese, Michele Criscitiello (credit: Mirko Ferrario) - foto d’archivio
Il presidente della Folgore Caratese, Michele Criscitiello (credit: Mirko Ferrario) – foto d’archivio

Può la sentenza di un giudice sportivo costituire uno smacco, a dire il vero non il primo, per il presidente della Lega nazionale dilettanti, peraltro appena uscito con le ossa rotta dal suo tentativo di diventare il nuovo presidente della Federazione italiana gioco calcio? La risposta a questa domanda è sì. Il caso sotto la lente d’ingrandimento è emerso agli onori delle cronache nel pomeriggio di mercoledì 3 marzo, quando il giudice sportivo del campionato di serie D Aniello Merone ha pubblicato le sue decisioni, dopo il turno svoltosi nel fine settimana precedente.

E subito sono balzati agli occhi degli addetti ai lavori i provvedimenti decisi nei confronti della Folgore Caratese, in coda al burrascoso match casalingo contro il Bra, che ha visto gli ospiti imporsi 4-1. A seguito del referto dell’arbitro Marco Di Loreto di Terni, finito nel mirino non solo per alcuni fischi contestati, ma anche per una frase di stampo razzista che avrebbe rivolto ad un giocatore di casa, per la quale la Procura federale, da quel che è filtrato, aprirà un fascicolo, il presidente Michele Criscitiello è stato infatti squalificato fino al 30 aprile 2022, mentre il responsabile dell’area tecnica Giacomo Diciannove è stato inibito allo svolgimento di ogni attività fino all’1 settembre di quest’anno.

Criscitiello è stato sanzionato «per avere, al termine della gara, rivolto ripetute espressioni offensive, ingiuriose ed intimidatorie, all’indirizzo del direttore di gara, stazionando nell’area degli spogliatoi senza mascherina. Inoltre, colpiva ripetutamente con calci e pugni la porta dello spogliatoio riservato alla terna, reiterando le proteste anche durante il breafing con l’osservatore, che di fatto non poteva avere luogo. Successivamente, mentre la terna cercava di abbandonare l’impianto scortata dalle forze dell’ordine, il medesimo insisteva nelle proteste, seguendo la terna mentre la filmava con il proprio smartphone. Infine, mentre l’arbitro tentava di introdursi nell’abitacolo, chiudeva con violenza lo sportello dell’automobile colpendolo ad un braccio e provocandogli sensazione dolorifica, seguitando a filmare la scena con il proprio cellulare. Sanzione così determinata, ex articolo 35 del codice di giustizia sportiva, in ragione dalla pervicacia della condotta».

Non un bel quadretto, insomma, al netto della premessa iniziale sulla frase di contenuto razzista che Di Loreto avrebbe pronunciato, gravissima se accertata, ma comunque non sufficiente a giustificare un comportamento da legge del taglione. Quel che però fa ancora più sensazione, se possibile, è la squalifica di Diciannove, fermato «per avere nel corso del secondo tempo rivolto reiterate espressioni offensive ed ingiuriose all’indirizzo di un assistente arbitrale. Inoltre, al termine della gara, si introduceva nell’area degli spogliatoi e, seguitando a protestare, colpiva ripetutamente con calci e pugni la porta dello spogliatoio riservato alla terna. Allontanato, si posizionava di fronte alla finestra del medesimo spogliatoio, che colpiva con ripetuti calci e pugni fino a frantumarne i vetri. Successivamente, faceva nuovamente ingresso nell’area degli spogliatoi e, senza indossare la mascherina, protestava con fare minaccioso sia nei confronti del direttore di gara che di un assistente arbitrale, ponendosi ad un centimetro dal viso di entrambi e, nella circostanza, spintonava l’arbitro con il braccio, facendolo indietreggiare. Tale condotta rendeva impossibile il rituale colloquio della terna con l’osservatore arbitrale e costringeva, non senza difficoltà, gli ufficiali di gara a rientrare negli spogliatoi ed a farsi scortare dalle forze dell’ordine per poter raggiungere la propria autovettura. Infine, continuava a rivolgere frasi minacciose ed offensive all’indirizzo dell’arbitro e degli assistenti, durante la loro permanenza nello spogliatoio e fino all’effettivo abbandono dell’impianto di gioco. Sanzione così determinata in ragione della ostinata pervicacia della condotta, nonché delle disposizioni normative e federali di contenimento della pandemia da Covid19».

Perché questo fa ancora più sensazione della squalifica comminata a Criscitiello? Perché il protagonista di queste violazioni, capace anche di dimenticarsi delle normative federali imposte per il contenimento della pandemia, è in realtà una persona che la stanza dei bottoni la conosce molto bene. Fidato scudiero di Sibilia, Diciannove è uno storico componente del consiglio del Dipartimento Interregionale, coordinato da Luigi Barbiero, cui compete la gestione dell’attività agonistica del campionato di serie D. Una circostanza, questa, che rende ancora più incomprensibile e meno scusabile, al netto sempre della premessa iniziale su quanto è stato imputato all’arbitro Di Loreto, la sua reazione e che affresca un quadro non esattamente edificante per l’intera Lega nazionale dilettanti. Ma Cosimo Sibilia, su quanto abbiamo appena descritto partendo dalle decisioni del suo giudice sportivo, una riflessione la farà o meno? E chiederà a Diciannove un passo indietro? Non si può essere buoni generali, se non si sa tenere a freno i propri soldati.