C’è chi ha deciso che il Gp di Monza è in Italia. L’equazione è sole e caldo, con consequenziali pantaloncini, magliettina e berretto abbinato. E, per qualcuno, anche infradito. Nonostante il buongiorno del sabato, per chi in autodromo ci ha dormito o arriva presto, sia accompagnato da un termometro che oscilla attorno ai 14 gradi. Per resistere al freddo, al campeggio di Biassono, c’è qualcuno che griglia la colazione e annaffia il tutto con medie di birra. Il risultato è la coda di fronte ai bagni chimici, che interrompe la lunga teoria in avvicinamento a tribune e zone prato. Anche gli addetti alle scuderie, o almeno una buona parte di loro, attendono le 9 per fare ingresso nel paddock, restando in attesa al di fuori dei tornelli per ottemperare alle 9 ore di lavoro contrattualizzate e messe nere su bianco dalla Fia. Sistema british e polite, internazionale. Così diverso da quella Monza passione e contraddizioni che ha creato negli anni un’alchimia unica, benedetta dal rituale dell’abbraccio dei piloti all’ingresso del paddock. Cerimonia mortificata dalla passerella che congiunge parcheggio e paddock, che allontana i tifosi dalla gente annichilendo l’impatto emotivo al Gp, da sempre elemento distintivo di Monza. Senza contare il disappunto dei piloti stessi, costretti a scavalcare uno scheletro di ferro – fortunatamente non bagnato di pioggia – scarpinando per quattro rampe di scale. Un supplizio a cui solo Leclerc, Sainz, Verstappen, Ricciardo e pochi altri si sono sottoposti, nella giornata di qualifiche.
F1, #ilCittadinoGp: il risveglio con infradito, birre e salamelle (e quella passerella che allontana i tifosi)
Giornata di sole, ma mattinata di gelo. I 14 gradi del mattino si vincono con alcolici e grigliate. Intanto, il passaggio pedonale rialzato tiene lontani gli appassionati dai protagonisti del circuito