Non un vero e proprio plebiscito, ma comunque un risultato che non ammette in sostanza repliche. Con il 73,45 per cento dei voti, il presidente uscente Gabriele Gravina è stato riconfermato lunedì alla guida della Federcalcio, staccando nettamente il suo rivale, il massimo dirigente della Lega nazionale dilettanti Cosimo Sibilia, che ha visto le sue ambizioni arenarsi al 26,25 per cento.
Nella tornata elettorale ospitata dal Cavalieri Waldorf Astoria di Roma, Gravina, che era sostenuto da Lega Serie A, Lega Serie B, Lega Pro, Aic ed Aiac, ha tagliato il traguardo già al primo scrutinio. L’exploit premia il lavoro di ricostruzione del calcio italiano che il dirigente, pugliese di nascita ma residente a Sulmona, ha operato all’indomani della mancata partecipazione della Nazionale azzurra ai campionati del mondo di Russia 2018.
L’esito delle urne suona però anche come una sonora bacchettata per Sibilia, deputato campano di Forza Italia, al centro di polemiche a ripetizione negli ultimi mesi, per le difficoltà di gestione (eufemismo) della pandemia nei tornei dilettantistici, con la serie D che prima si è fermata e poi ha ripreso a singhiozzo, ritrovando il ritmo di sempre soltanto poco prima di Natale, e le categorie inferiori ancora più penalizzate, se possibile.
«Il nostro mondo -ha commentato Gravina- sta vivendo un momento di grandissimo stravolgimento: un’emergenza di dimensioni planetarie ha chiuso i nostri stadi e fermato la gioia dei nostri giovani. Ho dovuto fronteggiare autorevoli pressioni per permettere al nostro calcio di non naufragare. Quello che qualcuno ha bollato superficialmente e forse strumentalmente come libro dei sogni, è stato un timone per tracciare la rotta di sviluppo».