Lo scorso aprile si è svolto a Berlino l’International Liver Congress, meeting annuale organizzato dalla European Association for the Study of the Liver (EASL), che ogni anno richiama oltre 7.500 clinici e ricercatori da ogni parte del mondo. Giunto alla quarantaseiesima edizione, quest’anno il convegno ha visto protagonista la ricerca clinica italiana. Sono stati infatti presentati i risultati preliminari di due trials clinici, ottenuti dalla collaborazione tra l’azienda farmaceutica Okairos e il Dipartimento di medicina dell’Università di Oxford. Questa prima fase della sperimentazione mostra, per la prima volta sull’uomo, l’elevata immunogenicità e il buon profilo di sicurezza del nuovo vaccino, ideato per debellare il virus dell’epatite C (HCV).
Un primo studio è stato condotto in un numero ristretto di pazienti portatori di un’infezione cronica causata dal virus HCV di tipo 1 per analizzare gli effetti terapeutici del nuovo vaccino. Il vaccino è stato ottenuto mediante una tecnologia innovativa che combina vettori adenovirali umani Ad6, privi della capacità di replicarsi, e di scimmia AdCh3, che codificano 1985 aminoacidi della regione NS 3-5 del genotipo virale 1b, corrispondente alle proteine non strutturali del virus HCV, importanti per la replicazione virale. Il vaccino così ottenuto è stato somministrato ai pazienti per via intramuscolare, nell’ambito di un protocollo terapeutico che prevedeva la somministrazione contemporanea dell’associazione Peg-interferone ?2a/ribavirina per 48 settimane, la terapia d’elezione attualmente utilizzata per il trattamento dei pazienti affetti da epatite cronica C.
I risultati ottenuti si sono rivelati promettenti. I pazienti trattati con il nuovo vaccino e con l’associazione Peg-interferone ?2a/ribavirina hanno sviluppato un’immunogenicità più forte rispetto ai pazienti che avevano ricevuto solo l’associazione di farmaci, grazie alla peculiarità della risposta immunitaria prodotta. A differenza di altri vaccini che stimolano la produzione di anticorpi riducendo la carica virale, il nuovo vaccino è infatti in grado di indurre un’immunità di tipo cellulare. I test di valutazione, eseguiti 2-8 settimane dopo il trattamento, mostrano un aumento delle cellule CD4+ e CD8+, i linfociti T citotossici che eliminano le cellule infettate dal virus HCV con cui l’organismo è entrato in contatto. L’efficacia del vaccino è inoltre associata a un buon profilo di tollerabilità, caratterizzato da reazioni locali e sistemiche di scarsa rilevanza clinica. Assenti invece gli effetti collaterali gravi, soprattutto a danno del fegato, come evidenziato dai livelli epatici delle transaminasi.
Un secondo trial clinico è stato condotto in 27 volontari sani per valutare la potenziale efficacia del vaccino nella profilassi dell’infezione da HCV. Il vaccino, somministrato per via intramuscolare, conteneva vettori adenovirali simili a quelli utilizzati per i pazienti infetti. Anche nei volontari sani è stata osservata un’elevata efficacia immunogenetica nei confronti di numerosi target antigenici da parte delle diverse tipologie di vettori. L’aumento dei linfociti CD4+ e CD8+, prodotto dalla risposta immunitaria, è stato poi mantenuto fino a un anno dopo la vaccinazione, senza che siano stati osservati effetti collaterali importanti, rivelandosi protettivo nei confronti di un’infezione cronica da HCV.
Esistono diversi genotipi virali, ciascuno dei quali è caratterizzato da una differente capacità di replicazione, correlata al diverso grado di severità delle patologie che ne conseguono. In Europa e in Italia prevale il genotipo virale 1, particolarmente resistente alla terapia con l’interferone. Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, almeno il 3 per cento della popolazione mondiale presenta un’infezione cronica da HCV, e l’1-2% della popolazione residente in Europa occidentale e nel Nord America è portatore cronico del virus, la cui trasmissione avviene attraverso sangue infetto.
L’epatite C, con 4 milioni di individui infetti negli Stati Uniti d’America e più di 1 milione in Italia, è diventata anche nel mondo occidentale una delle più diffuse ed importanti cause di malattia cronica del fegato. È auspicabile quindi la disponibilità di un vaccino efficace in tempi brevi.
Il virus HCV tuttavia muta rapidamente, sottraendosi alle difese immunitarie del nostro organismo e rendendo difficile lo sviluppo di un vaccino tradizionale sufficientemente protettivo. Numerosi i tentativi compiuti fino ad oggi. La tecnologia applicata per lo sviluppo di questo nuovo vaccino concede una speranza in più, forse prematura per la protezione completa, ma ben riposta per il blocco della cronicizzazione dell’infezione. L’immunità indotta dal vaccino è infatti un’immunità di tipo cellulare, costituita da cellule specifiche, i linfociti citotossici, che sembrano essere più efficienti dei soli anticorpi nel contrastare l’infezione del virus HCV.
“Il vaccino potrebbe rappresentare una valida opzione terapeutica per il futuro e, soprattutto, potrebbe offrire una scelta efficace per la profilassi dell’infezione, grazie alla sua capacità di indurre una risposta immunitaria elevata e duratura, senza rischi per la salute, come rilevato nei volontari sani”, ha commentato Heiner Wedemeyer, segretario generale della EASL. Tuttavia, anche se questi primi risultati sono certamente incoraggianti, sarà necessario attendere il completamento della seconda fase della sperimentazione clinica, che avrà inizio entro il 2011 e coinvolgerà 600 pazienti.
Marina Ferrario