Tra Mezzago, Milano e Slow foodIl ritorno degli asparagi al Verzee

Tra Mezzago, Milano e Slow foodIl ritorno degli asparagi al Verzee

Mezzago – Forse là, poco distante dal banco dove la Ninetta confessava a Baldassarre la sua vita, i suoi dolori, quel po’ di agro e di speranze appassite che le erano toccate in sorte. Proprio là, dove i contadini arrivavano con le prime luci del giorno per aprire su un tavolaccio di colori quello che i campi avevano dato. Da Mezzago, tra aprile e giugno, gli asparagi rosa: mica li avevano visti, prima, a Milano, all’alba del Novecento. E avevano impiegato poco, poi, a diventare una celebrità. Stagionali quanto serve per essere un’attesa, esotici quanto esotica poteva essere la Brianza delle vacanze dei milanesi: un pegno dell’estate che arrivava.

Era un secolo fa e i rosa di Mezzago arrivavano al Verziere meneghino – il Verzee, quello del Porta e della sua lingua, l’anima da mercato ortofrutticolo – come re della tavola. Ci tornano, adesso, dopo cent¿anni di esilio o quasi: tra sette giorni li porta Slow food, l’associazione internazionale nata a Bra, condotta di Monza e Brianza, che per la quinta volta del Mercato della terra a Milano, dopo il debutto di dicembre, sarà presente sabato 17 aprile ai giardini di largo Marinai d’Italia, attorno alla Palazzina liberty. Non è il Verzee di allora – in largo Augusto, dove il Carlin, non Petrini ma Porta, osserva ancora oggi il via vai delle auto, degli studenti, degli impiegati – ma poco cambia.

Sarà l’ultima delle consacrazioni dell’asparago mezzaghese, dopo la rinascita del Duemila, la DeCo, l’accesso alla grande distribuzione e lo sviluppo produttivo fatto ettaro su ettaro. E dire che nel comune vimercatese ancora si raccontano di Muschen, la leggenda passata di bocca in bocca, l’uomo che in un’andata e ritorno di terza classe per gli Stati uniti si era portato indietro la ricetta di quell’ortaggio pescato dalla terra prima che prenda troppo sole. Giovanni Brambilla, così si chiamava davvero, Muschen: li aveva visti oltre l’oceano, filari infiniti. Qualche seme nascosto in un bastone e poi di nuovo sulla nave, per traslocarsi dall’America all’Italia. Chissà se pensava davvero sarebbero diventati il nome e il vanto di quel piccolo comune fino a tutta la Lombardia e poi nel Paese: quell’unica terra a non farlo verde, né bianco, ma rosa.

Un nome capace di attraversare un secolo, di svernare qualche decennio nel silenzio e poi tornare nel nuovo millennio, in un lancio di dadi di dieci anni, a rappresentare Mezzago, Brianza, poi Milano. Il Mercato della terra di Slow food lo accoglierà sabato insieme a quello di Cantello e, tra le 9 e le 15, gli sarà dedicato anche un laboratorio per raccontarlo fino in fondo. La regola, per l’associazione, è una: i prodotti del Mercato hanno prezzi «equi, trasparenti e motivati: ripagano la fatica di chi lavora e le materie prime necessarie per ottenere un prodotto di qualità». Quelle del Caam, dei due produttori privati e di tutti i pronipoti di Muschen.
Massimiliano Rossin