Senago, operazione BriantenopeaFalsi carabinieri e la rapina in villa

Rapinata in casa da tre uomini, travestiti da carabinieri. Con lei, moglie di un imprenditore senaghese, c'era il figlio di 14 anni. Una serata da incubo, quella del 14 gennaio di tre anni fa. Una rapina che viene contestata a sette persone coinvolte nell'indagine Briantenopea.
Senago, operazione BriantenopeaFalsi carabinieri e la rapina in villa

Senago – Rapinata in casa da tre uomini.Con lei, moglie di un imprenditore senaghese, c’era il figlio di 14 anni. Una serata da incubo, quella del 14 gennaio di tre anni fa, per la donna, conclusasi fortunatamente senza gravi conseguenze per l’incolumità del figlio e per la propria. Una rapina che viene contestata a sette persone coinvolte nell’indagine Briantenopea, che ha portato i carabinieri di Monza, comandati dal colonnello Giuseppe Spina, a sgominare una presunta associazione a delinquere con base nel capoluogo brianzolo comandata da Giuseppe Esposito, detto Peppe o’Curt, ritenuto personaggio legato alla camorra napoletana dei quartieri Spagnoli.
Verso le sette di sera, la donna si trovava a casa assieme al figlio, quando suona il citofono. Una voce si qualifica come carabiniere, giunto a casa per notificare un atto giudiziario. La circostanza non coglie di sorpresa la donna, visto che il marito era socio di una ditta che in quel periodo stava fallendo. Aperto il cancello, sul pianerottolo incontra tre uomini uno dei quali con una divisa dei carabinieri che poi si sarebbe rivelata falsa. Sarebbe stato proprio il finto carabiniere ad estrarre la pistola. Subito la richiesta, perentoria: ”tira fuori i soldi dalla cassaforte”. La donna,che nella querela avrebbe poi precisato di non aver ”mai visto nessuno dei rapinatori e che non sarebbe stata in grado di riconoscerli perché avevano il volto coperto”, implora di non fare del male a lei e a suo figlio. Il colpo, però, non va come sperato.

Nel forziere, infatti, ci sono solo 3000 euro in contanti. ”Non è possibile che ci siano solo questi”, sbotta il rapinatore in divisa. La banda cerca il bottino pieno, 250mila euro, i soldi della società in fallimento. La donna, però, dice che con quel denaro sono stati pagati gli operai. Grande la delusione dei tre, tanto che uno della banda avrebbe reagito con un insulto alludendo al fatto che non avrebbero dovuto pagare i debiti. La tensione cresce, tanto che la banda minaccia di sequestrare il ragazzo se non avessero tirato fuori i quattrini. Alla fine se ne vanno con i 3mila euro e un computer portatile, dopo aver chiuso in bagno i due.

Le interecettazioni dei militari, e le parziali ammissioni di uno degli indagati, avrebbero permesso di accusare i tre presunti autori e altri quattro fiancheggiatori. In una conversazione captata dagli inquirenti, Cosimo Dicembre, uno dei delfini di Peppe o’Curt, si sarebbe sfogato raccontando che il complice della rapina di Senago vestito da carabiniere (identificato in Giovanni Marcì detto il catanese) avrebbe perso il cappello da carabiniere dopo il colpo. Cappello che peraltro, sarebbe stato fornito ”dalla moglie di un ex carabiniere”, che lavora in uno studio di commercialisti a Milano, dove addirittura sarebbe arrivata la soffiata per il colpo.