In ricordo di Giancarlo Cazzaniga (e di una stagione milanese indimenticabile)

Sono passati otto anni dalla scomparsa di uno dei più importanti artisti monzesi del Novecento: Giancarlo Cazzaniga.
Giancarlo Cazzaniga
Giancarlo Cazzaniga FABRIZIO RADAELLI

Mi è facile ricordare un amico artista come Giancarlo Cazzaniga (1930-2013), avendolo frequentato e presentato più mostre ad iniziare da quelle che lo videro in esposizione nella galleria Cafiso in Via Brera a Milano negli anni Ottanta. Giancarlo Cazzaniga era nato a Monza nel 1930.

Si è dedicato fin da giovane agli studi di pittura, e nel 1950, a Milano, frequentò l’Accademia d’arte Cimabue; e con l’amicizia del giornalista e critico d’arte Aurelio Sioli ebbe a introdursi nella famosa latteria delle sorelle Pirovini, in via Fiori Chiari in zona Brera a Milano, luogo dov’era attivo il dibattito culturale, e soprattutto luogo di ritrovo dei pittori milanesi. I locali storici milanesi -il Jamaica, le Pirovini, il bar della Titta – erano luoghi di fraternità di artisti che sono poi diventati gli artefici dell’arte del Secondo Novecento.

In ricordo di Giancarlo Cazzaniga (e di una stagione milanese indimenticabile)
Giancarlo Cazzaniga nel suo studio milanese

Le sorelle Pirovini, con la loro latteria di Milano sono entrate nella storia di Brera. “Il nome Pirovini dice molto ai milanesi che frequentavano la zona di Brera quand’era ancora il quartiere degli artisti”, ha scritto la giornalista Maria Pia Rosignoli, moglie di Vittorio Scardovelli, uno dei loro nipoti; e ancora: “Lì si trovava la famosa Latteria Pirovini, in via Fiori Chiari, a due passi dall’Accademia. Aperta alla fine dell’Ottocento da Pietro e Francesco Pirovini, fornitrice di ottimi gelati all’aristocrazia della zona, la latteria divenne presto uno dei ritrovi del mondo culturale milanese: su quei tavoli di marmo consumarono yogurt, caffèlatte e “svizzerine”, senza alcuna pretesa gastronomica, grandi nomi di teatro, cinema, pittura e letteratura. Nel 1944-45 gli ultimi e più duri anni della guerra, la trattoria era la mensa dell’Accademia frequentata […] da notissimi volti come Guttuso, Ajmone, Kodra […]. Lì, su un tavolo senza tovaglia, dalle discussioni fra Paolo Grassi e Giorgio Strehler nacque il Piccolo Teatro, inaugurato il 14 maggio 1947. Venivano Dario Fo, Franca Rame […]. Le leggende intorno alla latteria Pirovini fiorivano […], raccontavano di conti lunghissimi mai pagati, di battute fulminanti, di amori nati o sfioriti sotto gli occhi delle severe e devote sorelle Pirovini, Cecilia, Elena e Lina”.

Anni memorabili quegli anni Cinquanta-Sessanta del dopoguerra in cui molti artisti erano accodati attorno al “realismo socialista” che faceva dipingere operai e mondine, come Guttuso e Motti; bene, Cazzaniga visse in quegli anni quella tensione culturale che si respirava al Bar Giamaica e dalle sorelle Pirovini, portandosi verso un “realismo esistenziale” più umano e meno ideologico, con Bepi Romagnoni, Mino Ceretti, Giuseppe Guerreschi, Giuseppe Banchieri e Tino Vaglieri.

Cazzaniga entrò a far parte del gruppo insieme a Floriano Bodini e Gianfranco Ferroni. Con quest’ultimo condivise uno studio in via Garibaldi a Milano per un certo periodo. Lì furono scattate alcune foto che lo ritraggono insieme all’amico e musicista Chet Baker ed è in questo periodo che cominciò la sua amicizia con altri due maestri del jazz italiano: Franco Cerri ed Enrico Intra. Non è un caso che il mondo notturno della musica jazz sia stato uno dei grandi temi della sua pittura.

In ricordo di Giancarlo Cazzaniga (e di una stagione milanese indimenticabile)
Giancarlo Cazzaniga nel suo studio milanese

Così Cazzaniga: “Io ho immediatamente legato con Tino Vaglieri e con i fratelli Dimitri e Pietro Plescan, bravissimi disegnatori ma dai tempi lenti, i tempi degli inverni russi, degli inverni cechoviani. Più tardi, nel 1957, Vaglieri mi cedette la sua coabitazione nello studio di Ferroni in corso Garibaldi 89 e diventammo amici. Insieme a Romagnoni, a Ceretti, a Guerreschi, a Vaglieri, allo stesso Ferroni, a Banchieri, a Luporini, a Caminati. Fummo, secondo la critica, quel ‘realismo esistenziale’ o della ‘Scuola di Milano’. Eravamo, con Antonio Recalcati, e Valerio Adami, i più giovani del Giamaica. Ma non c’erano steccati né di scuola, né di età, né di successo”.

Cazzaniga esordisce negli anni Cinquanta del Novecento, partecipando a rassegne ed esposizioni, allestendo poi la prima mostra personale, nel 1957, a Brescia; espone a Milano, alla Permanente, nel 1958, invitato alla mostra giovani Artisti Italiani e, nel 1959, ancora a Milano vince il Premio San Fedele. Negli anni Sessanta poi è invitato alla Biennale di Venezia e alla Quadriennale di Roma, e il suo percorso espositivo è già qualificante, mostrando un Cazzaniga già protagonista sicuro dell’arte contemporanea italiana.

Quando nel 1962 partecipa alla XXXI Biennale di Venezia con una selezione di opere sul tema della musica jazz, i Jazz Man, è presentato da Mario De Micheli, che così ne descrive lo stile: “Cazzaniga non è un pittore che ami le asprezze, le dissonanze, il cromatismo agitato. Egli si affida particolarmente al segno: un segno rapido, fitto, allusivo che compone l’immagine per approssimazioni. Anche gli spazi in cui si collocano i suoi suonatori sono attraversati da segni fulminei che ne eccitano la stesura, rendendola animata da segrete energie. In tal modo la superficie vaga o cieca dei suoi fondi partecipa alle note, agli squilli, alla voce del jazz man, ne diventa una visibile eco”.

Nel 1966 è presente nuovamente alla Biennale di Venezia e nel 1965 alla Quadriennale di Roma. Alla serie, forse, più famosa dei cicli pittorici di Cazzaniga: Jazz-Man, i protagonisti della sua pittura, seguono poi, negli anni successivi, i cicli dedicati alla natura, l’artista abbandona la rappresentazione della figura umana, ed ecco “Rivera del Conero”, “Le Ginestre” “I Glicini” e “I Gelsomini”, tele ravvivante del colore e da rappresentazione più naturalistica della realtà. L’attività scandita da presenze in sedi di rilievo istituzionale e da esposizioni tenute anche all’estero, è corredata dalla partecipe attenzione della critica d’arte e della stampa in costante parallelo all’evoluzione della sua pittura. Tutti e tre i lavori di Cazzaniga che la collezione Lajolo possiede raffigurano paesaggi.

In ricordo di Giancarlo Cazzaniga (e di una stagione milanese indimenticabile)
Giancarlo Cazzaniga nel suo studio milanese

La loro esecuzione risale al periodo compreso tra il 1966 e il 1971, quello in cui il pittore, messi da parte i temi dei jazz-men e della periferia milanese, più vicini ai modi del Realismo Esistenziale, comincia a scoprire il paesaggio naturale. Molti dei lavori di questo periodo raffigurano Portonovo del Conero, dove, secondo il racconto di Davide Lajolo, Cazzaniga è condotto dalla “silenziosa e fraterna amicizia” del collega Bruno Fanesi ( Ancona 1915 -2012 ) che nel 1968 si era trasferito a Milano dove visse fino al 1985, anno in cui decise di ritornare a stabilirsi nella sua città natale. Aprì ad Ancona la Galleria Fanese per arricchire e vivacizzare l’ambiente artistico della città e fondò nel 1966, con il giornalista e amico Giovanni Maria Farroni, il premio pittura “La Ginestra d’oro del Conero”, successivamente a lui stesso assegnato nel 1986.

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La natura del Conero gli entrò subito nel cuore; “A Cazzaniga prese il fiato,” – scrive Davide Lajolo – “se ne innamorò senza dichiararsi, ci tornò stagione dietro stagione ed ecco le vecchie erbe, i fiori recisi, i cespugli dissolti prendere altro sentimento, altra tenerezza e anche un po’ l’angoscia di perdere quella toccata felicità.” (Lajolo, 1973). Così si spiega l’accanimento suo pittorico verso le ginestre. Èin questa fase artistica del pittore che nel 1970 viene dedicata la mostra “Giancarlo Cazzaniga. Ricordo d’estate 1965-1970”, tenutasi alla Galleria Civica di Monza. “Sono anni fecondi, – ha scritto il collega Roberto Tassi nel testo di presentazione della mostra – di meditazione e di maturità pittorica. I vari elementi della pittura di Cazzaniga vi confluiscono dopo un tragitto che attraversa gli anni difficili della formazione milanese, e vi si trovano ormai approntati a stringere l’immagine in una costruzione ben definita, che di quell’esperienza conserva gli stimoli più vitali.” (Tassi, 1970).

In ricordo di Giancarlo Cazzaniga (e di una stagione milanese indimenticabile)
Giancarlo Cazzaniga nel suo studio milanese

Il Premio biennale “Città di Jesi–Rosa Papa Tamburi” nasce dalla volontà del noto pittore jesino Orfeo Tamburi di incrementare la collezione d’arte Contemporanea del Comune di Jesi. Istituito nel 1974, la prima edizione si svolse l’anno seguente affermandosi subito come un prestigioso evento culturale che inserisce la città di Jesi nel circuito artistico nazionale. A partire dal 1975 si svolgono IX edizioni del Premio Rosa Papa Tamburi fino al 1994. Proprio in quell’anno Tamburi morì dopo aver riunito la giuria a Milano, di cui ne facevo parte e assegnammo la IX Edizione del 1994 per la Pittura proprio a Giancarlo Cazzaniga.

Carlo Franza

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In ricordo di Giancarlo Cazzaniga (e di una stagione milanese indimenticabile)
Giancarlo Cazzaniga nel suo studio milanese

Nato nel 1949, Carlo Franza è uno storico dell’arte moderna e contemporanea, italiano. Critico d’arte. È vissuto a Roma dal 1959 al 1980 dove ha studiato e conseguito tre lauree all’Università Statale La Sapienza (lettere, filosofia e sociologia). Si è laureato con Giulio Carlo Argan di cui è stato allievo e assistente ordinario. Dal 1980 è a Milano dove tuttora risiede. Professore straordinario di storia dell’arte moderna e contemporanea (Università La Sapienza- Roma) , ordinario di lingua e letteratura italiana. Visiting professor nell’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano e in altre numerose università estere. Giornalista, critico d’arte dal 1974 al 2002 a Il Giornale di Indro Montanelli, poi a Libero dal 2002 al 2012. Nel 2012 ritorna e riprende sul quotidiano “Il Giornale” la sua rubrica “Scenari dell’arte”.