Monza – Per tentare di scorgerne l’ombra avanzare lenta e composta tra gli alberi secolari del parco di Monza, il passo pesante e lo sguardo leggero, schivo, forse indifferente, uscito da chissà dove per ritrovare la sua lampada naturale appesa di nuovo al cielo, occorre aspettare la prossima luna piena. Il 12 settembre: sarà un martedì e si sarà appena esaurito il chiasso dei motori del gran premio di formula uno, sgombrato il parco dei turisti dell’automobilismo, delle luci artificiali, dei suoni e dei frastuoni del serraglio della velocità. Ecco, sarà quella notte: forse allora il gigante del parco di Monza uscirà dal suo nascondiglio per andare a sedersi alle spalle di villa Mirabello, sulla sua sedia enorme di un’enorme scrivania illuminata dal biancore della luna piena. Per scrivere o leggere, per raccontarsi una storia.
Una storia come quella che già qualcuno si racconta attorno al parco di Monza, dove nel 2005 è stato installato “Lo scrittore” di Giancarlo Neri, la gigantesca opera donata alla città da Rottapharm Madaus. Così si dice, o così dicono gli atti ufficiali, perché c’è anche chi è disposto a giurare che sedia e tavolo li abbia portati proprio il gigante per godersi le notti di plenilunio e scrivere e leggere con tutta la luce necessaria. Deve farne di strada per meritarsi il titolo di leggenda, o di racconto popolare, men che meno di mito: ma in fondo è così che nascono, le leggende, con storie vicine o lontane cui si aggiungono nuove voci e nuovi capitoli, con una narrazione antica che incontra un elemento contemporaneo e che poi, di bocca in bocca, diventa patrimonio collettivo. Che accada anche al gigante scrittore, difficile dirlo: ma il parco di storie ne ha raccontate tante, nel corso dei suoi secoli, raccogliendo parole e folclore d’altrove e dando loro nuova casa dentro i suoi quasi 700 ettari.
A ricordarli ai microfoni di MonzaBrianzatv è stato pochi giorni fa Corrado Beretta, del Consorzio della Villa reale e del parco, che ha rispolverato alcuni dei tanti racconti popolari che vivono nei suoi prati. Come la storia di un amore impossibile tra due monzesi che si incontrarono al “Bosco bello” e lì, verso il confine con il Comune di Lesmo, decisero di sposarsi. Lui e lei però vissero quell’amore soltanto all’ombra delle sue piante, perché fuori le loro famiglie lo rifiutarono, lo impedirono fino al giorno in cui gli amanti decisero di uccidersi nel bosco. Una leggenda di sapore shakespeariano, ricorda Beretta, e in fondo sempre oltremanica bisogna camminare per respirare le origini degli gnomi e dei folletti che popolano anche i prati del parco monzese, oppure delle fate – per trovare un luogo preciso – il cui trono è un grande e secolare ippocastano che trionfa alle spalle di villa Mirabello: lì le fate si danno appuntamento per festeggiare sempre quando è notte di plenilunio ed è lì che spesso, ancora oggi, i bambini lasciano qualche piccolo regalo per le fairies monzesi. Ma c’è anche un cavaliere fantasma, che abita le mura della fagianaia ed è rappresentato sullo stemma dell’edificio: allo stesso chiaror di luna è possibile sentire nei prati intorno il rumore degli zoccoli del suo cavallo e, talvolta, anche di vederne il profilo diafano.
Poi ci sono leggende che non solo hanno un corpo e una storia da raccontare ma anche un nome da tramandare. Quello della Mata Capina è uno: la donna enorme vestita di stracci che passava da Monza trascinando con sé un grande carro carico di oggetti e ferri vecchi, cianfrusaglie che sferragliavano e accompagnavano il suo passo incerto fino all’interno del parco. Una strega, una strega vera, spaventosa da vedere, ma un’erborista capace di trasformare i segreti delle piante e dei fiori in medicine: ed era a lei, di nascosto, sempre sotto i rami del bosco bello, il punto più lontano dagli occhi degli altri, che i monzesi chiedevano le cure per i figli, la famiglia, gli amici. Per cercare la strega, le fate e il gigante, non c’è che un modo: aspettare il 12 settembre, che sarà plenilunio, e poi cercare con lo sguardo nel buio, da lontano, se un’ombra enorme, l’inseguirsi delle luci, o un carro che arranca dietro a una donna vestita di stracci si mostrano tra le foglie del parco.
Massimiliano Rossin
Sarah Valtolina