A 88 anni si potrebbe anche permettere di non avere più sogni da realizzare e ingannare il tempo facendo scorrere i traguardi raggiunti. In realtà vede il traguardo dei 90 e continua a portare avanti un unico, lungo, grande sogno iniziato quasi 40 anni fa. E il desiderio più forte é oggi quello di poter lasciare a qualcuno un’eredità fatta di aiuti ai più poveri, di viaggi in Africa e Sudamerica, di orfanotrofi e panifici aperti per dare un futuro a chi ha pochi strumenti per costruirselo. Gildo Favero, classe 1927, sogna di poter trasmettere il proprio entusiasmo a chi ha più energie da spendere, affinché il Gruppo missionario francescano del Santuario di Santa Maria delle Grazie trovi nuova linfa.
In attesa di vedere nuovi volontari, lui non molla. Anzi. Gildo fa parte del gruppo da decenni e non riesce proprio a starne lontano. Ignorando la preoccupazione di moglie e tre figlie, Gildo é rientrato dall’ultimo viaggio in Bolivia poco più di un mese fa. A casa hanno pure perso il conto dei suoi viaggi, portati a termine con l’obiettivo di aiutare chi è meno fortunato. Lui no, non si è scordato neppure uno di quei viaggi. Tutti uguali, nella finalità. Tutti diversi, per storie e persone incontrate. Oggi a Monza trascorre le sue giornate al computer, in contatto con mezzo mondo pur non sapendo una parola d’inglese. La sua energia é più forte di qualsiasi limite di comunicazione. E di età.
«Non è pensabile starsene senza far niente quando sappiamo che c’è chi ha bisogno di noi». Gildo racchiude in un’affermazione tanto semplice quanto disarmante lo spirito che muove da decenni lui e il Gruppo. Imprenditore con officina meccanica e origini a Montebelluna, monzese dall’età di due anni, Favero capì che la sua vita avrebbe percorso due strade parallele nel 1986, a Soweto. Il lavoro e la famiglia; i frati delle Grazie e la solidarietà.
«Andavo lì per lavoro, i clienti prenotavano per me negli alberghi più lussuosi e io mi chiedevo se l’Africa fosse quella. Bastò girare l’angolo per vedere baracche di fortuna, bambini soli per strada e capire che dovevo fare qualcosa. Facevo macchine per profilare, ho pensato che potessero essere utili anche lì, dove i bambini si riparavano di notte sotto un cartone» ricorda Gildo, commuovendosi.
È così che molte case, dopo il suo impegno, divennero almeno di lamiera. Proprio in Sudafrica infatti ebbe inizio il suo primo progetto in aiuto dei bambini. Non a suo nome, ma a nome dei frati francescani. Come ogni sua iniziativa. Qui, a Soweto, è ritornato infinite volte, per assistere l’orfanotrofio Orlando Children’s Home dedicato ai neonati abbandonati. Qui, nel 1990, il monzese ritorna e incrocia persino Nelson Mandela. Un momento che è il simbolo del suo impegno per l’Africa. L’ultima visita nel 2003. E poi via, il giro del mondo della carità ricomincia.
Sono più di 20 i paesi dell’Africa visitati dal monzese. Nel 2007 è la volta della Repubblica democratica del Congo per l’avvio di un’officina meccanica e un panificio, strumenti in grado di permettere ai Frati Francescani di produrre pane. Nel 2010 il monzese cambia rotta e arriva in India, poi l’impegno in Tunisia ed Eritrea. Oggi al centro dei suoi pensieri e dei suoi aiuti c’è la Bolivia, dove ha appena trascorso un mese nella missione di Arturo Mottola, anche lui legato da decenni al Santuario delle Grazie e al suo Gruppo missionario. Ma questa è un’altra storia da raccontare. Un’altra storia che Gildo vuole lasciare in eredità. Una storia che porta ad Arturo Mottola.
Mottola partì da Monza 27 anni fa per l’America latina. Origine napoletane, a Monza da studente, incrociò Favero per la prima volta proprio al Santuario delle Grazie. L’impegno per le missioni, pur in ruoli diversi, li accomunò subito. Oggi Arturo è responsabile per Argentina e Bolivia delle realtà dell’associazione Comunità papa Giovanni XXIII, fondata e lasciata in eredità da don Oreste Benzi in aiuto ai bisognosi in tutto il mondo. L’ultima residenza italiana del missionari laico è stata Monza. E qui spesso ritorna. Mottola, 47 anni, da quasi 20 vive in Bolivia con la moglie.
A Camiri gestisce una comunità terapeutica per dipendenze, un centro per disabili e un centro diurno. Si tratta di una delle tante realtà latine seguite dal missionario laico, che ha dato vita anche a una casa famiglia. La sua vita è sempre di corsa, tra i tanti centri da Santa a Yacuiba. Il Gruppo missionario francescano è arrivato da lui, a Camiri, per dare un mano a un progetto che si è concretizzato nell’estate 2015: l’apertura di un panificio dove lavorano insieme i ragazzi in cura per uscire dalla tossicodipendenza e i giovani disabili. Una cura nella cura, che sta dando frutti. Gildo, accompagnato da un panettiere bergamasco, Massimo Longaretti, ha trascorso diverse settimane in Bolivia per l’avviamento del panificio. Il costo della strumentazione necessaria è stato sostenuto dagli amici monzesi.Tante le visite nei panifici boliviani prima di decidere il tipo di pane da mettere in commercio. Alla fine la scelta , con un pizzico di italianità, per un filoncino croccante e dorato lontano dal pane cui sono abituati i boliviani. È bastato poi portarlo a un campionato studentesco per farlo apprezzare. Ora il panificio lavora a pieno ritmo.
«Quando Gildo lanciò l’idea sembrò così difficile da realizzare – ammette Mottola – in realtà, eccoci qui. “Chi prima capisce, é più responsabile” diceva don Benzi». Come a dire: a Monza mi hanno capito più di 20 anni fa e continuano a capirmi ora. Ed è un’intesa di solidarietà.