Buon giorno. Mio figlio è stato fermato qualche giorno fa con una pistola giocattolo a cui aveva tolto il tappo rosso. Gli hanno notificato un verbale di identificazione e nominato un difensore di ufficio e gli contestano la violazione dell’art. 4 comma 1, 2 e 3 L. 110/75.
Cosa succede? Sono ovviamente preoccupato.
Ritengo che la vicenda, che pure è stata certamente trasmessa come notizia di reato dagli operanti alla Procura competente, debba essere oggetto, da parte del PM a cui verrà assegnato il fascicolo, di una richiesta di archiviazione da trasmettere al GIP. Qualora ciò non avvenisse e il PM dovesse esercitare l’azione penale chiedendo il giudizio, ritengo che ci siano argomenti per pensare ad una pronuncia assolutoria.
La norma asseritamente violata da suo figlio attiene ad una contravvenzione, quella da Lei citata, che prevede che il contravventore sia punito con l’arresto da un mese ad un anno e con l’ammenda da 1.000 euro a 10.000 euro. Nei casi di lieve entità, riferibili al porto dei soli oggetti atti ad offendere, può essere irrogata la sola pena dell’ammenda. La pena è aumentata se il fatto avviene nel corso o in occasione di manifestazioni sportive.
Tuttavia la Corte di Cassazione, con una pronuncia abbastanza recente (16.10.2018, sezione II penale) ha stabilito che il semplice uso o porto fuori dalla propria abitazione di un’arma giocattolo priva del tappo rosso non sia previsto dalla legge come reato.
E che invece costituisca reato, assumendo quindi rilevanza penale, se mediante esso (l’uso o il porto) si realizzi un diverso reato, del quale l’uso o il porto rappresenti elemento costitutivo o circostanza aggravante (per esempio nel caso in cui, durante una rapina, si usi una pistola giocattolo priva, appunto, del tappo rosso). Nel caso valutato dalla Corte Suprema un soggetto ricorreva per cassazione avverso una sentenza che aveva condannato un imputato per il furto aggravato di autovettura e rapina. In quel ricorso il difensore lamentava la violazione di legge quanto alla sussistenza dell’aggravante dell’arma atteso che si trattava di arma giocattolo.Per la Corte di Cassazione in quel caso l’aggravante dell’uso dell’arma era stata ritenuta correttamente, mentre il semplice uso o porto fuori della propria abitazione di un giocattolo riproducente un’arma sprovvisto di tappo rosso non è previsto dalla legge come reato.
Al contrario, sempre di recente, la Cassazione (Cass. sent. n. 4712/2018) ha sostenuto che rapinare con una pistola giocattolo con un tappo rosso sulla canna non comporta l’aggravante del comportamento intimidatorio. Al fine della sussistenza dell’aggravante , “ …ciò che conta è l’effetto intimidatorio che deriva sulla persona offesa dall’uso di un oggetto che abbia l’apparenza esteriore dell’arma, in quanto tale effetto intimidatorio è dipendente non dall’effettiva potenzialità offensiva dell’oggetto adoperato ma dal fatto che esso abbia una fattezza del tutto corrispondente a quella dell’arma vera e propria (come avviene quando l’arma giocattolo sia sprovvista di tappo rosso o quando questo sia reso non visibile), cosicché possa incutere il medesimo timore sulla persona offesa…”.
Se quindi risulta che l’arma ha un tappo rosso alla canna ed è quindi perfettamente riconoscibile come arma giocattolo non può sussistere l’aggravante in commento.
Sulla base di queste considerazioni, per come sopra ho provato a spiegare, ritengo che, in caso di inerzia da parte dell’Organo dell’Accusa, il difensore possa rappresentare queste argomentazioni perché l’Ufficio del PM provveda a richiedere l’archiviazione del fascicolo; oppure, in caso diverso, nell’ipotesi in cui ciò non avvenga, si dovrò cercare di argomentare questa linea difensiva, opponendosi ad un eventuale decreto penale venga emesso oppure in caso di citazione diretta a giudizio affrontando il giudizio, magari con le forme del giudizio abbreviato ( un processo sulla base solo delle carte processuali, richiedibile dall’imputato direttamente o con conferimento di procura speciale al difensore, che consente di discutere nel merito la responsabilità dell’accusato e che in caso di condanna comporta la riduzione di un terzo della pena).
Avv. Marco Martini *
* Iscritto all’ordine degli avvocati di Monza dal 1997. Nato a Vicenza e dal 1984 vive a Monza, ha frequentato il liceo classico Zucchi e si è poi laureato presso l’Università statale di Milano. Socio fondatore della Camera penale di Monza, ha conseguito diploma della Scuola di Alta specializzazione della UCPI; iscritto alle liste del patrocinio a spese dello Stato, delle difese d’ufficio, si occupa in via esclusiva di diritto penale carcerario e societario.