Quel che ho scritto sui fatti di Monza suscita, ovviamente pareri contrastanti. Parecchi lettori concordano con me, altri invece sono di parere contrario. Tutti tranne un maleducato, ex gommista in F1 dice lui, che ha espresso il suo tifo per Raikkonen insultandomi e affibbiandomi la patente di “alzheimeirato” e “imbratta carta”. Detto che le opinioni sono tutte accettabili ma gli insulti no, a una settimana dal Gp di Singapore voglio ritornare sui fatti di Monza con una riflessione che mi è balzata fuori quando sono andato a rivedere la registrazione della qualifica del Gp d’Italia.
Proprio nel Q3 si è vista la tattica della Ferrari studiata per occupare tutta la prima fila di Monza, fondamentale per mettere Hamilton nelle peggiori condizioni possibili di partenza. Nell’ultimo giro di qualificazione, l’ordine del muretto è stato quello di far partire prima Vettel e dietro di lui Raikkonen. La tattica, evidentemente, era quella di sfruttare la velocità di Sebastian per far prendere la sua scia a Kimi all’uscita della Parabolica e sfruttarla sino al traguardo. In tal modo, vista la superiorità di motore della Rossa sulla Mercedes, i tecnici di Maranello erano convinti di poter vedere due macchine in prima fila. E così è stato, il gioco della scia ha confortato le convinzioni. Senza quella scia, Raikkonen non avrebbe conquistato la pole (e non so neppure se sarebbe arrivato secondo) né sua moglie avrebbe potuto piangere di gioia.
La festa fra i due piloti, poi, aveva probabilmente convinto Vettel di essere in una botte di ferro: aveva favorito il compagno dal quale, secondo gli ordini di scuderia, si aspettava l’aiuto decisivo in partenza. E cioè: tu scatti e ti porti davanti a me che tengo dietro Hamilton, poi io allargo per superarti e Hamilton resta bloccato dietro a te. Sappiamo tutti com’è andata, alla prima curva.
Mi sono accorto, invece, com’è andata anche alla Roggia. La staccatona di Raikkonen alla prima variante deve aver fatto riflettere Sebastian, che magari non ha subito capito che il compagno di squadra stesse facendo la propria corsa e non quella decisa dalla squadra. Vettel, voglio dire, può aver pensato che Raikkonen avesse scelto la Roggia per mettere in atto i piani del tattico della squadra, Rueda. Così prima della frenata della Roggia ha ripetuto la stessa manovra effettuata prima della variante: essendo dietro Raikkonen che era in traiettoria e avendo Hamilton alle spalle in “trenino”, Vettel si è spostato a sinistra per il sorpasso. In quell’istante, quando cioè ha visto che Kimi non cominciava a frenare per lasciarlo passare ha realizzato che Raikkonen corresse per se e non per la squadra, così ha cercato di rientrare in traiettoria rispostandosi sulla destra: ma Hamilton, asso nello sfruttare la situazione, gli aveva già preso lo spazio e lo stava superando.
Poi sono arrivati il tocco, il testacoda, il “panino” Bottas-Raikkonen-Hamilton e la vittoria di Hamilton. Uno sbaglio grave, quello di Vettel, ma comprensibile.
Fossi stato Maurizio Arrivabene, dopo il gran premio sarei stato zitto. Quel che ha detto, su piloti e maggiordomi, lo ha detto a botta calda, in un momento cioè in cui non gli poteva venire in mente la storia della Ferrari degli ultimi 25 anni. Quindi non è censurabile in modo assoluto. Certo, in questi giorni che separano la formula 1 dal Gp di Singapore, a Maranello di discussioni in seno alla Gestione Sportiva ce ne saranno state a iosa. Soprattutto sul comportamento da tenere riguardo a Raikkonen.
Io penso che, quando dai box di Singapore, Vettel dovrà cominciare venerdì mattina il lavoro per recuperare 30 punti ad Hamilton, svantaggio consistente anche se ancora non decisivo, lui non si fiderà più del compagno di squadra. Ed è per questo che Arrivabene, fin che ha tempo, dovrebbe prevedere con molta attenzione il comportamento del finlandese. E prendere le opportune decisioni.