Beh, devo ammettere che quando la Ferrari riesce a compiere certe imprese l’emozione può anche accalappiare un vecchio cronista che sulle piste di tutto il mondo ha passato una quarantina di stagioni. Dopo la vittoria in Australia, Sebastian Vettel e la Ferrari hanno fatto il bis in Bahrein.
Ma stavolta non è stata una vittoria facile, stavolta erano due Rosse contro due Stelle d’Argento, due macchine con strategie diverse, una delle quali prevedeva (come poi è stato) il sacrificio del campione del mondo Lewis Hamilton in favore di Valtteri Bottas scattato molto bene al via in seconda posizione dietro Vettel ma davanti a Raikkonen, lento per un leggero pattinamento degli pneumatici.
Le strategie determinate dopo la qualifica prevedevano una sola sosta per le Mercedes: gomme soft (colore giallo) al via per Lewis Hamilton e supersoft (rosse) per Bottas; poi entrambi con gomme medie (colore bianco) per andare sino al termine della gara. La Ferrari aveva ottenuto la prima fila della griglia dello con gomme ultrasoft e con quelle Vettel e Raikkonen sono partiti: logica voleva che la strategia delle Rosse fosse basata su due pit stop, il primo per montare gomme soft e il secondo con le ultrasoft nuove per fare gli ultimi 16 giri a livello di qualifica. La logica delle strategia dava un vantaggio a Hamilton, perché con le gomme soft e il pieno di benzina avrebbe avuto un vantaggio di giri sulle ultrasoft delle Ferrari anche esse con pieno di benzina. Ma la logica, a volta, cozza contro le strategie segrete che attuano le scuderie e che gli avversari non possono prevedere in anticipo quando non considerano tutti i parametri che possono entrare in una gara, non solo quelli che arrivano dalle prime fasi della corsa, ma anche quelli che erano arrivati dai test preliminari di Barcellona.
Le prime fasi della corsa erano state sfavorevoli ad Hamilton, rimasto leggermente intruppato in partenza con un contatto con la Red Bull di Verstappen alla quale la Mercedes del campione delmondo ha tagliato, con l’ala anteriore, la gomma posteriore sinistra. Cosicché il campione del mondo aveva perso un’occasione preziosa per guadagnare, al via, qualche posizione. Per quel che riguarda i test invernali di Barcellona, avevo fatto notare nel mio commento su www.ilcittadinomb.it che la Ferrari aveva fatto quasi esclusivamente uso di pneumatici soft e ultrasoft, utilizzando le gomme medie solo per un numero limitato di giri. Questo per bilanciare la vettura alla quale era stato allungato di circa 8-9 centimetri il passo rispetto a quello dell’anno scorso. Con questa soluzione, e con lo sviluppo dei motori la Ferrari SF71H ha acquisito anche più velocità rispetto alla FS70H del 2017.
Dal GP del Barhein sono scomparse subito le Red Bull: quella di Ricciardo per una panne elettrica, quella di Vertsappen dal contatto con Hamilton. E così la battaglia per la vittoria si era spostata esclusivamente sul duello Ferrari Mercedes, sviluppatosi con Vettel davanti, Bottas e Raikkonen nelle posizioni immediatamente dietro, Hamilton a inseguire. Secondo logica, pit stop del finlandese della Ferrari dopo 19 giri per il cambio gomme. Ma la sfortuna era in agguato perché durante l’operazione il computer che la regola dava le ruote attaccate, Kimi era ripartito travolgendo un meccanico (tibia e perone rotti). Dio solo sa quante volte ho consigliato l’uso di un solo meccanico per ruote, come nelle corse Indy, senza ausilio di elettronica! Fatto sta che Raikkonen è stato costretto al ritiro lasciando Vettel a combattere da solo contro la strategia delle Mercedes. Le quali, secondo logica, si sono fermate montando gomme medie per arrivare a fine gara. A quel punto, la più prevedibile tattica ferrarista sarebeb stata quella di fermare Vettel, fargli cambiare le gomme con le soft, poi farlo rifermare per fargli fare, con macchina scarica di benzina, gli ultimi 16 giri con tempi da qualifica. Questo si aspettavano i tedeschi, anche quando Vettel aveva superato i giri previsti con le ultrasoft, 19, fermandosi sei giri più tardi per montare le gomme gialle. Vettel ha cominciato a “bastonare” la gara, mettendo fra se e Bottas un distacco oscillante fra gli 8-10 secondi e di 22 secondi sulla Mercedes di Hamilton.
Come dicevo, la logica dei tedeschi talvolta non coincide con le conoscenze degli italiani. Fatto sta che Toto Woll e Niki Lauda, inquadrati dalle telecamere, a 16 giri dalla fine avevano la faccia interrogante: ma come, pensavano, Vettel non si ferma. Due giri dopo, a Bottas e a Hamilton è arrivata la comunicazione che Vettel stava continuando con le gomme soft. E i suoi tempi erano anche buoni. A Bottas veniva dato l’ordine di mettere pressione al ferrarista. E a quel punto cominciava la lezione di guida di Sebastian Vettel: curve pennellate allo scopo di consumare gli pneumatici il meno possibile, rettilinei a piena velocità. Alla Ferrari sapevano, proprio dai test di Barcellona, che le gomme potevano andare sino alla fine purché Vettel non fosse stato costretto a stressarle.
Così è stato, e Vettel ha fatto gli ultimi tre giri che hanno messo in evidenza: 1. la SF71H ha un eccellente bilanciamento; 2. la SF71H ha un’eccellente velocità di punta, visto che Bottas non è riuscito mai a superarla e quando l’ha affiancata in una staccata ha dovuto subire la resistenza di Vettel; 3. Sebastian Vettel ha dato lezione di guida ai piloti Mercedes i quali, ritenendo di essere superiori per qualità dei mezzi, erano scesi in pista con orgogliosa sicurezza. Firmato Diaz? No, firmato Ferrari.