Monza – Diego Colombo è corrispondente dalla Brianza del Corriere della Sera, è stato moderatore del convegno dedicato ad Eugenio Corti giovedì a Cesano Maderno e ha letto “Il cavallo rosso” per ben due volte.
“Non sono un lettore della prima ora- spiega- ho letto “Il cavallo rosso” la prima volta dieci anni fa, poi nel 2006 in occasione di un’intervista a Corti e di un incontro pubblico”.
Del volume dice che “un gran bel libro”,ma non manca di muovere anche qualche critica. “E’ un gran bel libro-dice- non solo per la ricostruzione delle guerra e della ritirata di Russia, con la descrizione delle sofferenze immani patite dai nostri soldati. E nemmeno per la capacità magistrale di rendere al meglio i gulag sovietici e l’ipocrisia del comunismo. E’ bello perché dietro a quella facciata di cattolicesimo preconciliare io ci ho visto la Brianza della mia giovinezza”.
Cosa le è piaciuto di più e cosa meno?
“Più che nella disputa ideologica, la forza del libro sta nei suoi personaggi che sono veri nel modo di essere, di pensare e di affrontare la vita, così come ne ho conosciuti tra la fine degli anni Sessanta e la metà dei Settanta. Personaggi che si muovono all’interno dell’affresco della nostra terra con una visione chiara della vita. Sanno cosa fare, conoscono il loro ruolo nel mondo, hanno – con una parola un po’ datata oggi – una missione, sono gli eredi consapevoli di una tradizione. Peccato che Corti veda questo soltanto dalla parte dei cattolici. C’è anche negli altri, anche se non emerge abbastanza dal libro, che resta comunque un capolavoro”.
I passaggi da non perdere?
“La descrizione della morte di Stefano sul fronte russo, la prigionia di Michele, il ritorno a casa di Pierello, fino alla morte di Alma, con quella descrizione inconcepibile per la mentalità odierna dell’angelo custode che l’accompagna in paradiso, ma per nulla stonata nell’intreccio escatologico e salvifico di Corti. Corti è un grande narratore, ma è meno convincente quando si lascia affascinare dal discorso ideologico e sociologico”.
Cosa pensa della candidatura di Corti al Nobel?
“Penso che possa trasformarsi in un boomerang. Il rischio è quello che si accendano i riflettori su Corti adesso e si spengano di colpo una volta fallita l’impresa . E’ una cosa che Corti non merita. Trovo invece più interessante l’idea di far conoscere la sua opera, di creare un parco letterario come propone l’assessore Elli, magari anche un luogo fisico dove esporre l’immenso carteggio che Corti ha avuto con personaggi in tutto il mondo e le sue opere tradotte in più lingue. Sarebbe anche bello poter istituire un premio letterario a suo nome”.
Rosella Redaelli