Eliot, la radioterapia intraoperatoria contro il tumore al seno, è dal febbraio scorso disponibile agli Ospedali Riuniti di Bergamo per le pazienti di tutte le età. Il nuovo protocollo terapeutico dedicato alle donne under 48, in uso in Lombardia solo all’Istituto Europeo di Oncologia e ai Riuniti, è stato presentato oggi nella Sala Consiliare dell’ospedale di Bergamo. Questa tecnica permette di somministrare, durante la seduta operatoria, una dose molte elevata di radiazioni direttamente nella sede della lesione cancerogena, raggiungendo il miglior risultato oggi possibile per tempestività e precisione del trattamento, con il minor disturbo per le pazienti.
La tecnica per le donne in menopausa è in uso ai Riuniti dal 2006 ed è stata autorizzata da Regione Lombardia nel 2009. L’Ospedale di Bergamo è stata la prima struttura pubblica a impiegarla in Italia. Da allora ogni anno con Eliot vengono trattate 100-130 donne ogni anno, che possono così evitare di doversi recare in ospedale per le sedute di radioterapia dopo la dimissione, con conseguente risparmio di tempo e minori disagi sociali e psicologici, in un momento particolarmente delicato della loro vita.
Il protocollo in uso da febbraio per le donne in età fertile consente invece di ridurre del 60% il numero delle sedute di radioterapia dopo l’intervento, riducendole a 13; una decina i casi già trattati in tre mesi, con un’attesa di 80-100 casi l’anno. Ogni anno la Breast Unit di Bergamo valuta circa 12 mila donne; di queste tra le 500 e le 600 vengono poi operate per un tumore al seno.
L’introduzione di Eliot è stata resa possibile dalla collaborazione con il prof. Umberto Veronesi e l’Istituto Europeo di Oncologia e, sul versante interno, dalla stretta sinergia tra chirurghi senologici, radioterapisti, fisici sanitari e chirurghi plastici, come ha sottolineato Carlo Nicora, direttore generale degli Ospedali Riuniti: “La radioterapia intraoperatoria è improntata al principio che ha guidato tutta l’attività del prof. Veronesi e che ha rivoluzionato l’approccio al tumore al seno: il minimo trattamento efficace invece del massimo trattamento tollerabile. Questo è esattamente quello che noi intendiamo quando parliamo di mettere al centro il paziente e di dare a ciascuno ciò che serve. Il secondo aspetto che vorrei sottolineare è quello dell’integrazione. Non solo fra eccellenze del privato accreditato e del pubblico, come in questo caso, ma anche all’interno della nostra struttura. Perché solo due strutture in Lombardia sono in grado di offrire la radioterapia intraoperatoria? Perché richiede un’organizzazione d’alto livello, un lavoro multidisciplinare che coinvolge oncologi, chirurghi senologi, radioterapisti, fisici sanitari, chirurghi plastici e moltissime altre figure non solo mediche: penso all’anatomia patologica, ai laboratori, alla radiologia…. Non basta definirsi Breast Unit, occorre essere in grado di offrire alle donne una presa in carico tempestiva, completa (che preveda tutte le professionalità necessarie) ed efficace. Per questo probabilmente val la pena di fare qualche chilometro in più”.
“Il punto di forza della nostra Breast Unit sta proprio nella capacità di gestire tutto il percorso che una donna con tumore al seno deve seguire, dal momento della diagnosi alle terapie, fino ai controlli – ha sottolineato Privato Fenaroli, direttore della Chirurgia Senologica degli Ospedali Riuniti – In fase di diagnosi i chirurghi lavorano in contatto quasi simbiotico con i radiologi per avere un quadro rapido e preciso del problema, mentre nella fase terapeutica è essenziale l’apporto degli oncologi, dei radioterapisti e dei chirurghi plastici, per offrire ad ogni donna il percorso di cura più adatto alle sue esigenze. Lavoriamo come un atelier di alta moda: cerchiamo di dare alle donne un servizio il più possibile personalizzato, paragonabile a un vestito creato su misura”.
Infine il prof. Umberto Veronesi, direttore scientifico dello Ieo, ha ricostruito l’evoluzione dei trattamenti per sconfiggere il tumore alla mammella negli ultimi 40 anni, dall’introduzione della chirurgia conservativa abbinata alla radioterapia, all’esame del linfonodo sentinella durante la seduta operatoria 20 anni fa, all’introduzione di Eliot alla fine degli anni Novanta con quasi 4 mila casi trattati a oggi. “Con la radioterapia intraoperatoria nel 1999 l’Istituto Europeo di Oncologia ha attuato una svolta epocale che per molto tempo ci ha visto unico centro al mondo. I vantaggi sono rappresentati soprattutto dalla brevità del trattamento, che in tre minuti somministra una dose pari a quella che dovremmo frazionare in 30/40 dosi di radioterapia tradizionale, dalla precisione nell’individuare in sede chirurgica la zona da irradiare e dal fatto di far seguire immediatamente l’intervento dalla radioterapia, anche in quei casi che prevedono la chemioterapia”.
Da non sottovalutare l’aspetto sociale. Si calcola che dal 2006 le 700 pazienti trattate con una dose unica di radioterapia intraoperatoria a Bergamo abbiano risparmiato in media 1.250 km. ciascuna. Veronesi ha rimarcato come la radioterapia intraoperatoria consenta anche alle donne con minori possibilità economiche o che vivono in zone disagiate e difficilmente potrebbero sostenere lunghi spostamenti per le 30 sedute di radioterapia, di scegliere la chirurgia conservativa: “Abbiamo constatato che le donne chiedono di fare la mastectomia, un intervento molto più demolitivo, quando temono di non riuscire a fare la radioterapia postoperatoria”, complemento indispensabile per la chirurgia conservativa.
Dal punto di vista della ricerca saranno presto presentati i risultati dello studio randomizzato che ha coinvolto 1.300 pazienti in menopausa e che ha dimostrato come i risultati ottenuti con Eliot siano assolutamente in linea con quelli del trattamento post operatorio. “Nelle giovani abbiamo scelto di associare alla radioterapia intraoperatoria anche quella tradizionale per evitare il rischio di tumori multicentrici, rischio basso ma presente nelle donne ancora fertili”. “Stiamo andando nella direzione giusta – ha concluso il prof. Veronesi sottolineando l’importanza di riconoscere gruppi diversi di pazienti – e ci auguriamo che nei prossimi anni anche in giovani pazienti selezionate potremo limitarci alla radioterapia intraoperatoria”.
Nella foto allegata, da sinistra, Simonetta Cesa, responsabile Direzione Professioni Sanitarie, Fabio Pezzoli, direttore medico del presidio, Privato Fenaroli, Carlo Nicora, Roberto Labianca, direttore del Dipartimento di Oncologia ed Ematologia, Umberto Veronesi, Renzo Moretti, direttore della Fisica Sanitaria, e Luigi Cazzaniga, direttore della Radioterapia