Mentre a poco più di 1200 chilometri dalla Brianza sta andando in scena un conflitto drammatico, con scene che speravamo di avere dimenticato (sfollati, morte, distruzione), le diplomazie internazionali sono al lavoro per tentare di trovare una via d’uscita dall’incubo. Inutile dire che non portino alcun giovamento, a questo complicato processo, le posizioni rigide e le provocazioni da una parte e dall’altra, che rischiano di favorire, come molti osservatori hanno sottolineato, un allargamento della guerra.
Purtroppo tali posizioni, complice un’informazione televisiva sovente incline più alla tifoseria che al ragionamento, sembrano fare proseliti tra la popolazione. Che alle nostre latitudini, almeno da quanto emerge sui social network, non disdegna di invocare “più sanzioni” e addirittura “più armi” contro Putin. Ignorano probabilmente costoro che i passi che stanno chiedendo portano sempre più lontano da un contesto di (pur difficile) dialogo e sempre più vicino a uno scontro aperto che coinvolgerebbe inevitabilmente anche il Paese in cui vivono, con conseguenze immaginabili. Ironia della sorte, i “guerrafondai da divano” di oggi sono spesso gli stessi che solo ieri avevano paura di recarsi in ufficio per un virus con ormai bassissime percentuali di letalità. Nulla è più feroce della banalissima televisione, diceva Pasolini. Come dargli torto.