La notte tra l’11 e il 12 luglio 2021 i festeggiamenti per la vittoria, da parte della nazionale, dei campionati europei di calcio sono apparsi relativamente più sobri di quelli che andarono in scena nella folle nottata (come dimenticarla) di Berlino 2006. Gli eccessi, però, non sono mancati e le conseguenti polemiche sono così finite nel calderone del dibattito sulla “mala-movida”, per la quale si stanno stracciando le vesti sindaci-sceriffi e politicanti di ogni colore.
Tanto che in tutta la penisola si stanno discutendo ordinanze restrittive non più motivate dall’emergenza Covid ma, piuttosto, da una precisa volontà politica. Così, però, pur partendo da giuste preoccupazioni, si finisce per criminalizzare, con atteggiamento cripto-puritano, il divertimento tout court e, in fondo, quell’allegria “caciarona” che ha sempre contraddistinto la mediterranea solarità degli italiani.
Certo, il problema c’è, è innegabile. Ma è altrettanto innegabile che siano state proprio le restrizioni a esacerbare un fenomeno sempre esistito, da combattere più con l’educazione che con la repressione. Cosa sta accadendo allora? La sensazione è quella di essere di fronte allo scempio illiberale di chi, dopo un biennio di ubriacatura totalitaria, si è abituato, per elemosinare consenso, a giocare con le libertà dei cittadini. Un gioco a cui, ahinoi, non intende più rinunciare…