In questi giorni drammatici parrebbe fuori luogo discutere d’altro. Per esempio di sport. Eppure, giornalisticamente parlando, è abbastanza doveroso farlo se c’è una verità da ristabilire. In Brianza sembra infatti passata quasi inosservata la decisione della Procura federale della Figc di deferire, a conclusione di un’inchiesta, l’ex Dg del Seregno Calcio, Ninni Corda, e i giocatori Anelli e Gentile, suoi uomini di fiducia. L’inchiesta era stata aperta dopo il licenziamento del dirigente da parte della squadra e il deferimento è avvenuto, testualmente, per le “reiterate condotte antisportive e minatorie nei confronti di taluni calciatori della società”.
Condotte tali “da aver suscitato (…) un diffuso e perdurante sentimento di prostrazione psicologica (…)”. Fatti che hanno minato la crescita di una realtà che, grazie all’entusiasmo dell’allora presidente Davide Erba, la scorsa stagione aveva riconquistato, dopo quasi 40 anni, un posto nell’Olimpo del professionismo.
Addolora notare come, se questa notizia è quasi passata inosservata, non così fu quando, nei giorni dello scandalo, diverse testate parlarono insistentemente di un “metodo Seregno”, evitando di fare distinzione tra Corda e chi (Erba) lo aveva silurato. Un modus operandi discutibile. Ma, si sa, l’invidia è una brutta bestia. Anche in una comunità ristretta, come lo è quella briantea.