Il 92esimo Gran Premio d’Italia è ormai alle spalle e, per il Tempio della velocità brianzolo, l’Autodromo di Monza, è tempo di bilanci. Ci sono gli aspetti positivi: lo spettacolo in pista, che non è mancato; il ritorno dei tifosi; la conferma della tappa finale del Wrc, dopo l’esperimento del 2020.
Tuttavia c’è anche qualche ferita. La più grave è, ovviamente, quella del conto economico: il rosso ammonterebbe a 15 milioni di euro. Ha senz’altro pesato l’autorizzazione alla vendita dei biglietti giunta solo alla prima settimana di agosto, un vero pasticcio che chi di dovere, in quel di Roma, avrebbe potuto e dovuto evitare, come del resto è stato evitato in altri Paesi europei, vedi Olanda, Belgio e Gran Bretagna.
Ma una masochistica incertezza sulle riaperture è stata del resto la cifra distintiva del comportamento delle istituzioni italiane praticamente dalla fine del lockdown dello scorso anno. Nihil sub sole novum, purtroppo. La speranza è che ora, dopo il danno, qualcuno, dai palazzi governativi, rimedi mettendo mano al portafogli.
Perché la netta sensazione (sentite le dichiarazioni di big della Formula 1 come Stefano Domenicali o Jean Todt) è che, dopo la scadenza dell’attuale contratto, nulla sia scontato. E mettere a rischio un evento internazionale con già 92 edizioni sulle spalle sarebbe un delitto. Non per Monza, ma per l’Italia.