A casa per lo «svuota carceri»Evadono prima del processo

Arrestati in flagranza di reato, per effetto del decreto 'svuota carceri', invece che in cella sono stati portati nelle loro abitazioni in attesa del processo per direttissima. Ma il giorno dell'udienza, i due imputati, immigrati marocchini di Monza e Sulbiate, sono risultati irreperibili.
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Monza – Evitare il fenomeno delle ‘porte girevoli’ in carcere. Per questo, il ministro della giustizia Paola Severino ha voluto il cosiddetto decreto ‘svuota carceri’, in base al quale, viene esclusa (con alcune eccezioni) la carcerazione preventiva per i soggetti arrestati in flarganza di reato e in attesa di processo per direttissima. Ne hanno approfittato martedì mattina due immigrati marocchini, uno residente a Monza, l’altro a Sulbitate, arrestati il giorno prima per furto e spendita di carta di credito rubata all’interno del centro commerciale Auchan di Monza.

I due, invece di farsi trovare a casa per essere condotti in tribunale, dove lo aspettava il processo da celebrare con rito direttissimo, si sono dati alla macchia, costringendo il tribunale a celebrare un processo per direttissima ‘in contumacia’. In sostanza, la recente riforma al codice di procedura penale, approvata nel mese di febbraio di quest’anno, mira ad evitare il via vai di detenuti all’interno delle carceri, afflitte da cronici problemi di sovraffollamento e precarietà delle condizioni di vita.

Dunque chi viene preso in flagranza a commettere reati per i quali si procede con rito direttissimo, ora non viene più portato in carcere in attesa del processo (che deve essere celebrato entro 48 ore dall’arresto) ma rimane in cella di sicurezza nei commissariati o nelle caserme (qualora ricorrano i presupposti di idoneità delle strutture) o va agli arresti domiciliari se possiede un domicilio nel circondario.

Questo il caso dei due marocchini, accompagnati dai carabinieri del Nucleo radiomobile di Monza nelle loro rispettive dimore. Quando si è trattato di presentarsi a casa la mattina dopo per essere portato in tribunale, però, di entrambi si erano perse le tracce. Il loro difensore, l’avvocato Paolo Confalonieri, ha trovato un difetto nella querela per furto. Resta l’accusa della carta di credito (punita fino a cinque anni) oltre a quella di evasione.
F. Ber.