Dopo un’iniezione di fiducia dovuta al primo rialzo dei tassi della Banca Centrale Europea dall’anno 2011 e al lancio di un nuovo strumento per limitare l’estrema perturbazione del costo dei prestiti bancari, i rendimenti obbligazionari primari e l’euro si sono gradualmente ritirati e si trovano allo stesso livello di prima della riunione di giovedì.
Mentre i vigilanti dei mercati obbligazionari europei sono estremamente soddisfatti della decisione della BCE di non perdere tempo in un rialzo sempre più aggressivo di 50 punti base e continuano a pensare che la stessa impresa possa ripetersi anche a settembre, il Transmission Protection Instrument è sembrato comunque fornire meno di quanto promesso ai mercati.
Sebbene ci sia ancora la possibilità che la BCE possa rimediare a questo inconveniente e che possa eliminare l’aria di confusione che regna sul mercato a tempo debito, rimane una domanda pressante: che cosa dovrà affrontare la BCE nel caso in cui dovesse testare le acque prima del previsto?
In questo mix già di per sé confuso, si aggiunge un ulteriore elemento di aspettativa relativo ai recenti dati economici soft degli Stati Uniti che sono arrivati questa settimana e che riguardano la non dissuasione della Federal Reserve statunitense.
La prossima settimana, infatti, è previsto un rialzo dei tassi di interesse per un totale di 75 punti base, a causa del rallentamento dell’economia statunitense dovuto all’impennata dell’inflazione.
Quindi, tutto questo insieme, non c’è dubbio che gli investitori siano destinati a sentirsi tristi questo venerdì.
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