Non è un de profundis, ma probabilmente poco ci manca. La riforma delle province, che avrebbe dovuto ridare dignità agli enti intermedi, dotandoli nuovamente di elezioni di primo livello e di competenze e risorse degne di questo nome, non si farà, almeno per il momento. A mancare non è la volontà (almeno così si dice a Roma e dintorni dove il manuale delle scuse, si sa, è sempre pronto per essere sfogliato alla bisogna) ma i soldi. Il vile danaro. In totale un miliardo e rotto di euro, o giù di lì.
Appare rassegnato, nelle sue dichiarazioni, anche il presidente uscente della provincia brianzola, Luca Santambrogio, che ha appena apparecchiato la sua ricandidatura al vertice dell’ente di via Grigna: l’esito del voto che lo vedrà (o meno) riconfermato sarà deciso, ancora una volta, dai consiglieri comunali e dai sindaci e, quindi, da manovre di palazzo (o di partito, che poi è la stessa cosa), piuttosto che dall’espressione della volontà popolare.
Non doveva andare così: la politica lo aveva promesso, il pastrocchio della legge Delrio sarebbe stato finalmente sanato. E la Brianza avrebbe di nuovo avuto quella dignità politica che aveva assaporato (dopo le battaglie per l’agognata autonomia da Milano) solo nel breve quinquennio dal 2009 al 2014, peraltro segnato da scandali che avevano messo a dura prova la resilienza (oggi va di moda questo termine) del territorio. Invece niente da fare. L’ennesima promessa a vuoto?