Periferie ed esclusione sociale, un’analisi sul caso francese (e non solo)

Tutti noi siamo concentrati nel cercare di comprendere cosa sia successo in Francia tra i giovani extracomunitari di seconda generazione, c'è inoltre da chiedersi se potrebbe avvenire qualcosa di simile anche nelle nostre città.
Foto di Antonio Cansino da Pixabay

Tutti noi siamo concentrati nel cercare di comprendere cosa sia successo in Francia tra i giovani extracomunitari di seconda generazione, c’è inoltre da chiedersi se potrebbe avvenire qualcosa di simile anche nelle nostre città. Quanto avvenuto a Parigi la scorsa estate ha messo in evidenza il disagio giovanile diffuso tra i giovani delle periferie francesi. Ma quali sono i motivi per cui è scoppiata la rivolta? Tra le diverse motivazioni presentate quella che emerge maggiormente è stata presentata dal sociologo francese Sebastian Roché che fa riferimento con forza alla percezione di ingiustizia presente tra i giovani. Una motivazione ben precisa maturata anche in altre nazioni come in USA dove possiamo ricordare le reazioni dei giovani dopo il pestaggio da parte della polizia di Rodney King. I casi di ingiustizia fanno esplodere le motivazioni più profonde come successe nel 2005 con l’uccisione di Zyed Benna e Bouna Traoré mentre fuggivano da alcuni agenti. La rabbia scatta perchè l’ingiustizia arriva da chi rappresenta la legge e agisce per conto di essa.

Trovato l’effetto scatenante è importante comprendere le cause reali che conducono a rivolte violente. Tra i fattori che incidono maggiormente sul disagio giovanile troviamo la mancanza di opportunità economiche e occupazionali. Nelle periferie urbane la disoccupazione è elevata, scadente la qualità dei posti di lavoro disponibili e accesa è la disparità economica con chi vive nei quartieri più vicino al centro. I giovani si trovano quindi in una situazione di svantaggio, con scarse prospettive di carriera e stabilità finanziaria facendo nascere in loro una frustrazione causata dalla mancanza di opportunità, alimentando il senso di ingiustizia e di esclusione sociale (se è vero che molti fondi sono stati spesi per le banlieues di Parigi possiamo dire che l’efficacia non c’è stata). Va tenuto conto che viviamo in una società dove si promuovono, a parole, concetti di eguaglianza e inclusività basate sulla disponibilità economica, ma dov’è il fattore dominante è la forza dirompente del denaro che tutto permette.

La discriminazione e la marginalizzazione derivata dai fattori economici è molta e se si somma a quella basata sulla origine etnica e religiosa si può comprendere come rabbia e frustrazione covino tra moltissimi ragazzi. La questione diviene sempre più complessa se analizziamo poi i diversi problemi come la difficoltà di comunicare a causa delle barriere linguistiche che portano ad avere meno opportunità di tipo formativo e lavorativo creando al contrario motivo di solidarietà e appartenenza tra tutti coloro che si sentono esclusi.

La questione dell’inclusione è fondamentale e la teoria del sociologo tedesco Niklas Luhmann (1927-1998) ci offre una prospettiva unica per comprendere il funzionamento delle società complesse, spiegando come il concetto di inclusione sia la chiave per comprendere come si plasmano le dinamiche sociali. La teoria dei sistemi di Luhmann si basa sull’idea che la società sia composta da un insieme di sistemi sociali interconnessi. Questi sistemi comprendono l’economia, la politica, l’educazione, la famiglia etc. Secondo il sociologo tedesco l’inclusione è un processo cruciale che determina la struttura e la stabilità di tutti i sistemi. L’inclusione avviene attraverso il processo di selezione dei membri di un sistema sociale. I sistemi sociali devono definire chi è incluso e chi è escluso all’interno del loro ambito di operatività. Questo processo di selezione è basato su criteri specifici, come la conformità alle norme del sistema o il possesso di determinate competenze. L’inclusione di un individuo o di un gruppo nel sistema determina il loro accesso alle risorse, ai diritti e alle opportunità offerte dal sistema stesso. Ne deriva che l’inclusione è strettamente legata al concetto di differenziazione sociale. Le società complesse sono caratterizzate da una crescente divisione del lavoro e da una specializzazione delle funzioni sociali. Questa differenziazione crea una serie di sistemi sociali distinti, ciascuno con le proprie norme e valori e l’inclusione avviene quando un individuo o un gruppo si integra efficacemente all’interno di uno di questi sistemi sociali specifici. Inoltre, Luhmann sostiene che le dinamiche di inclusione ed esclusione sono intrinseche ai sistemi sociali complessi, l’inclusione di alcuni individui o gruppi può portare all’esclusione di altri fattori come il potere, classe sociale, etnia o il genere. Gli aspetti fondamentali di quanto descritto fanno comprendere come inclusione o esclusione possano influenzare la coesione sociale e determinare il livello di partecipazione e di opportunità all’interno di una società.

Prendendo spunto da quanto sopra descritto possiamo ora capire come la situazione di molteplici giovani nati e cresciuti nelle periferie delle grandi città siano un problema generale che va affrontato in modo attivo e partecipativo. Se quanto esposto prendendo spunto da Luhmann non bastasse, possiamo prendere altri fattori determinanti la disgregazione sociale in atto nei paesi occidentali e cioè la sempre minore coscienza collettiva descritta da Émile Durkheim (1858 – 1917, sociologo, filosofo e storico delle religioni francese. Fondatore del funzionalismo, una teoria strutturalista, la sua opera è stata cruciale nella costruzione, nel corso del XX secolo, della sociologia e dell’antropologia, avendo intravisto con chiarezza lo stretto rapporto tra la religione e la struttura del gruppo sociale). Quando parliamo di coscienza collettiva ci riferiamo alla condivisione di valori, norme, credenze e idee che caratterizzano un determinata società nel suo complesso. Nella visione di Durkheim la coscienza collettiva è una forma di consapevolezza condivisa che emerge dalle interazioni sociali e che influenza il comportamento e le azioni dei membri di una società. La coscienza collettiva è una forza coercitiva che vincola gli individui e li guida verso il conformismo sociale.

Questa coscienza collettiva si sviluppa attraverso processi di socializzazione, in cui gli individui apprendono i valori e le norme sociali del gruppo di appartenenza. La pressione sociale esercitata dalla coscienza collettiva contribuisce a mantenere la coesione sociale e a stabilire un senso di identità e appartenenza all’interno della società. È importante comprendere come la coscienza collettiva può variare da una società all’altra ed essere influenzata da fattori come la religione, la cultura, la storia e le istituzioni sociali. Ecco che stabiliti due principi sociologici possiamo iniziare a presentare un quadro per cui gli adolescenti e, in generale i giovani, possono trovare difficoltà nel mondo in cui vivono: la ricerca di una propria identità è sempre più difficile e in età adolescenziale i giovani iniziano a cercare la propria identità individuale e a distanziarsi dalle influenze dei genitori e dell’ambiente familiare.

Questo processo può portare a una maggiore enfasi sull’individualità e a una minore attenzione per la dimensione collettiva allontanandosi dalle regole precedentemente seguite cercando di costruire legami sociali con i loro coetanei e spesso identificandosi con gruppi specifici, come bande, club o tribù giovanili. L’appartenenza a un gruppo ha sempre maggiore rilevanza rispetto alla coscienza collettiva sociale e possono essere più orientati verso la costruzione dell’identità all’interno del gruppo di appartenenza, piuttosto che verso un senso di appartenenza all’intera società.

Il sistema complesso in cui viviamo definito da Zygmunt Bauman (1925-2017, sociologo e politico polacco) di tipo liquido e cioè in cui l’esperienza individuale e le relazioni sociali segnate da caratteristiche e strutture che si vanno decomponendo e ricomponendo rapidamente, in modo vacillante e incerto, fluido e volatile, contribuisce a creare difficoltà all’identità di un adolescente. La destrutturazione della famiglia naturale contribuisce fortemente a lasciare giovani e adolescenti in uno stato di difficoltà formativa dove la scuola non è più complementare all’educazione condivisa da famiglie e gruppi sociali di appartenenza. Se in passato “esempi comportamentali” e “conoscenza” erano filtrati da specifici punti di riferimento (famiglia e amicizie come scuola o luoghi di condivisione sociale dalle parrocchie alle società sportive) oggi a causa delle tecnologie e ai social-media non esiste più nessun tipo di filtro cambiando in modo sostanziale l’interazione sociale e di condivisione delle informazioni contribuendo a influire sulla formazione della coscienza collettiva.

In sostanza, la mia tesi introduce un problema che andrà sempre più ad aumentare: la mancanza di punti riferimento ben specifici da cui prendere esempio per creare e formare la propria identità nel passaggio tra il periodo infantile a quello adulto che comprende sempre meno presenza della famiglia, di luoghi sani dove incontrarsi, della religione per tutti gli aspetti della formazione di una morale condivisa conduce a una sempre maggiore difficoltà da parte dei giovani a integrarsi nella società in cui vivono. Questo come aspetto generale per tutti. Prendiamo ora gli adolescenti di origine extraeuropea e capiamo come la loro difficoltà è e sarà ancora maggiore affrontando sfide uniche, inclusi il disagio e la povertà. Poco o nulla si è scritto sullo stato emotivo di un adolescente di origine extraeuropea che sentirà maggiormente la mancanza di un senso di appartenenza a causa di usi e costumi differenti percepiti tra ambiente famigliare o di micro-comunità in relazione alla società in cui vive. Ragioni che certamente influenzeranno negativamente l’autostima come il benessere psicologico. Senza punti di riferimento solidi da cui prendere esempi e avere risposte sostanziali al disagio esistenziale sempre più crescente non vi è possibilità, a mio modesto parere, che si creino situazioni migliorative nelle periferie delle città, ma al contrario si accentueranno problemi creando sempre maggiore diseguaglianza ed esclusione sociale.