A Natale, sostiene un famoso detto, siamo tutti più buoni. Con le festività arrivano le luci colorate, le vetrine illuminate, i profumi di dolciumi e prelibatezze ma anche (anzi, soprattutto) lo stare insieme. Tra parenti, tra amici, tra colleghi. Cene, appuntamenti conviviali e pranzi sono destinati a cementare, comunque la si pensi, quel senso di appartenenza a una comunità (sia essa una famiglia, un ufficio o, perché no, una squadra sportiva, un club o una palestra) che ci aiuta a metterci nei panni dell’altro. Senza contare che in queste situazioni si è comunque costretti, volenti o nolenti, a confrontarsi, a parlare, a dialogare.
Non tutto l’anno si creano situazioni simili, diciamocelo. Soprattutto oggigiorno, in questa nostra società sempre più solipsistica, sempre più competitiva e frammentata, in cui ognuno sembra essere concentrato esclusivamente su sé stesso e non avere occhi che per la traiettoria che gli si pone di fronte, ignorando completamente quelli che stanno ai lati, ai margini della strada. Gli altri, per l’appunto. Questo avviene, purtroppo, anche in un territorio che, tradizionalmente, ha sempre sentito fortemente il proprio senso di coesione. Di appartenenza.
La Brianza, la terra delle mille cascine e delle corti, all’interno delle quali si condividevano gioie e dolori della vita, successi e fallimenti, oggi non esiste più. Viviamo in un mondo sempre più diviso e frammentato e ci stiamo, piaccia o meno, adeguando. E, così, anche il periodo delle feste, con l’obbligo di condivisione che porta con sé, diventa un problema. Quante volte, tra il serio e il faceto, sentiamo qualche nostra conoscenza fare affermazioni del tipo “che stress il Natale”, oppure “le festività? Non vedo l’ora che siano finite”? Per non parlare di quello che è possibile leggere sui social network, oggi immancabile fonte di frustrazioni e sfoghi senza alcun costrutto.
Ma perché questo momento dell’anno diventa così stressante per molti, moltissimi di noi? Forse il problema reale è che non lo affrontiamo con lo spirito giusto. Vediamo solo appuntamenti cui dovere andare, regali da dover fare (e anche soldi da dover spendere, chiaramente), lasciando che il tutto si riduca a un turbinio consumistico-mondano che, alla lunga, non può che stancare. Perché tutto questo, in fondo, non ha nulla a che vedere con la nostra natura più profonda. Siamo animali sociali: siamo al mondo, tra le altre cose, per cercare di dare un senso alla nostra esistenza e per donarlo, se possibile, a quella degli altri che, con noi, condividono questo viaggio, per chi più lungo, per chi più breve, che è la vita. Persone che, nel corso del cammino, purtroppo siamo destinati a perdere. Alcune di loro lasciano vuoti incolmabili. E vuote sono, per l’appunto, le sedie alle nostre tavolate che, anno dopo anno, sono sempre meno affollate.
Questo è il vero senso, questo il vero segreto: chi ha avuto la fortuna di un’infanzia serena (purtroppo non tutti, bisogna dirlo, soprattutto in un tempo in cui anche le famiglie sono diventate “liquide”), ricorderà sempre con tanta nostalgia quelle cene e quei pranzi con tanti volti affettuosi e amati, tutti riuniti per l’occasione. Quelli dei nonni, per esempio, con le loro centinaia di aneddoti. Ma anche degli zii, dei genitori, dei cugini, dei fratelli…
Ogni volta che questo periodo dell’anno ritorna rischiamo di sentirci, inevitabilmente, sempre più soli. Si tratta di una legge di natura, alla quale purtroppo è impossibile sottrarsi: il nostro tempo su questa terra è limitato e così è per i nostri cari, per gli amici, per i colleghi. Sì, anche quelli che non sopportiamo. Ognuna di queste persone, con i suoi modi di fare, di dire, di atteggiarsi, conquista, nel bene e nel male, uno spazio nell’archivio della nostra memoria. Quando non ci sono più, oppure quando le strade si dividono, di molti di loro ci dimentichiamo. Di pochi, invece, ci ricorderemo, per sempre (o quasi): sono le persone che, per qualche motivo (e con le quali non necessariamente siamo sempre andati d’accordo), hanno lasciato un segno nella nostra vita.
Per far sì che questo accada, però, dobbiamo porci nella giusta condizione. Dobbiamo aprire gli occhi, le orecchie e il cuore agli altri. Solo così la magia del Natale può trovare la via e il modo di rigenerarsi, riconnettendo le anime. Anche quando tutto, là fuori, sembra cercare di dividerle.