Monza in Serie A, Berlusconi e Galliani, Ibrahimovic: intervista a Luciano Moggi

Che stagione sarà per il Monza? Intervista a tutto campo a Luciano Moggi, protagonista di battaglie sportive con Berlusconi e Galliani oggi tornati in Serie A.
Luciano Moggi e Ibrahimovic
Luciano Moggi e Ibrahimovic – da Instagram

Come dimenticare le epiche battaglie sportive di inizio millennio tra l’ultimo grande Milan di Berlusconi e Galliani e la Juventus di Luciano Moggi? I due club si spartivano l’Italia e l’Europa, in campo e sul mercato. Oggi gli scenari sono cambiati: Berlusconi e Galliani tornano in Serie A con il Monza, Moggi invece commenta il calcio dalle colonne di Libero.  

Come vede questo grande ritorno nel calcio che conta? 
«Hanno fatto una cosa importante per una città importante come Monza, che ora non sarà più solo Formula1 ma anche calcio di Serie A. Anche perché quando Berlusconi si mette in un contesto con la volontà di riuscire, difficilmente sbaglia». 

Se serve il ritorno di Berlusconi e Galliani per portare una ventata d’aria fresca in Serie A, vuol dire che il campionato in questi anni non è mai progredito. Concorda? 
«Le società oggi non fanno calcio, fanno bilanci. Peraltro nemmeno senza grande successo». 

Che figura farà il Monza in Serie A? 
«Potremo dirlo solo dopo il mercato, di certo Berlusconi vorrà essere protagonista. Io dico un ottimo campionato, ma non si parli di scudetto, nemmeno di piazzamenti europei e neanche di salvezza risicata, diciamo una via di mezzo e i tifosi saranno sicuramente contenti». 

Si è parlato di Ibrahimovic al Monza, perché uno come Galliani sicuramente può provarci, anche se ora l’ipotesi sembra lontanissima, per vari motivi. Lei lo portò alla Juventus, da giovanissimo, parliamo di quasi vent’anni fa, come peraltro raccontato nel recente film “Jag är Zlatan”. Ci saranno ancora gli Ibra nel calcio italiano? 

«Innanzitutto devo dire che le cose sono andate in modo diverso rispetto al film: lì sembra che l’abbiamo preso all’ultimo minuto del mercato illuminati da una giocata, ma nella realtà avevamo già l’accordo preliminare al Gran Premio di Monaco di quell’anno, a maggio, dove avevo incontrato lui, Maxwell ed Emerson, tutti portati da Raiola. Io stesso ho seguito Ibra per tre mesi. Leggevo sui giornali che era uno che sapeva andare in porta solo con la palla, allora sono andato ad Amsterdam tutte le settimane per tanto tempo, ho voluto osservarlo da vicino, parlargli, per capire se avesse carattere e personalità sufficienti per lottare per vincere il campionato in una squadra come la Juventus. Se avesse carisma tale per confrontarsi con certi compagni, certi campioni, nonostante la giovane età. Mi sembra che i risultati siano dimostrati dalla storia». 

Ancora oggi, a quasi 42 anni, il carattere di Ibrahimovic è stato ancora fondamentale per il Milan. Intende questo? 

«Quando il Milan lo rivoleva, un famoso allenatore scrisse sulla Gazzetta di non prenderlo perché avrebbe giocato solo per sé stesso. A quarant’anni ha fatto ancora la differenza, non solo in campo, dove comunque anche quest’anno ha segnato otto volte giocando pochissimo, ma da vero motivatore della squadra. Un capo carismatico, un leader, direi che avevo indovinato perfettamente il soggetto». 

Ci saranno ancora i Galliani, i Moggi, gli Ibrahimovic nel nuovo calcio italiano? 

«Lasciamo stare Moggi, ma io me lo auguro. Il nostro campionato non esprime più i livelli di un tempo, al massimo i campioni possono arrivare a 40 anni. E fanno ancora la differenza. Mancano i dirigenti, le competenze, i presidenti fanno tutto e hanno come priorità solo i bilanci. Oggi, gli altri campionati europei hanno maggiore valenza». 

L’intervista completa a Luciano Moggi su il Cittadino in edicola giovedì 23 giugno 2022 (anche digitale)