Parole sante quelle di Umberto Eco di qualche anno fa. “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel». No, l’autore de “Il nome della Rosa” penso non sia mai stato ad Usmate. Noi sì. È bastata una mia battuta in una rubrica satirica (quella a pagina 6). E sui social è partita la caccia a quel farabutto del direttore. Che poi sarei io.
Legioni di leoni da tastiera e da bar hanno pensato bene di farmi paura definendomi nell’ordine: sessista, femminicida, violentatore, mancavano solo le accuse di spia russa e tifoso della Juve, poi il quadro nei miei confronti era quasi completo. Capirai. E il tutto perché? Per avere dato della “frignona” all’attuale (non per colpa nostra) sindaco/a di Usmate. Peccato che se tutti questi leoni, anzi pappagalli del web, avessero spostato i bulbi oculari di qualche millimetro, avrebbero letto lo stesso identico epiteto “frignone” per un uomo. Ma in difesa di Paolo Piffer non è intervenuto nessuno. Forse perché, sino a prova contraria, è appunto un uomo. Poveretto. E pensare che lui gode di un discreto successo tra il genere femminile. Non me lo sarei mai aspettato questo silenzio assordante nei suoi confronti. Conoscendolo, rido.
Si è fatto tardi e lo spazio stringe. In conclusione, non solo alcuni ad Usmate Velate non sanno cosa sia la satira, ma nemmeno sanno leggere. Però scrivono nei gruppi social. Castigat ridendo mores direbbe la mia vecchia e rimpianta insegnante del Ginnasio. Che abbia davvero ragione l’immenso Umberto Eco?