Compagni addio. Come nel libro degli anni Settanta di Giampiero Mughini. E non può essere nemmeno un arrivederci. Viste le premesse e le scarse truppe cammellate presenti davanti al Tribunale di Monza ieri mattina per un processo contro dei loro sodali accusati di diffamazione. Il soccorso rosso deve essere proprio finito. C’erano più carabinieri e polizia che militanti antagonisti.
Ma forse non si tratta di una questione di quantità. Forse è solamente terminata la pacchia di chi ha scambiato la libertà di espressione con quella di insultare liberamente.
Lo confesso. Piacerebbe molto anche a me vivere nel mondo fatato della sinistra antagonista. Universo parallelo in cui ci si può esprimere senza pensare alle conseguenze con gli insulti, offese, falsità. Dove è possibile mandare a quel paese (eufemismo) chi mi sta sulle scatole (altro eufemismo). Del resto ci aveva già pensato Beppe Grillo a sdoganare il “vaffa”. Lo faccio mio in questo caso.
Ma se io sostengo che un sindaco (Allevi, scriviamolo bene prima che i monzesi pensino sia l’attuale…) è mazzettaro, mandante di un omicidio, amante focoso ed altre amenità. Se io lo sostengo in un video un coacervo di schifezze, questa non è satira nè libertà di espressione. E’ solamente delinquenza. E come tale va trattata. Ci penseranno i giudici. Ma forse più che il risarcimento danni, per gli autori del video incriminato, quello che è pesato maggiormente sono le scuse che sono stati costretti a fare. Un piagnisteo di non volevo, abbiamo scherzato. Su dai non prendetevela. Sono sembrati piagnucolosi davanti ai magistrati come i bambini scoperti dalla mamma che impugnando il battipanni, li costringe a chiedere scusa. Tra l’essere uomini che si prendono la loro responsabilità e diventare caporali, hanno scelto quest’ultima strada. Proprio compagni addio…