C’è una voglia, un tanfo, un olezzo immondo questa settimana provenire dal consiglio comunale di Brugherio. Profumo di anni Settanta. Questo editoriale è dedicato alla sinistra cialtrona. Quella che ha fatto caciara in aula contro l’intitolazione di una via a Sergio Ramelli. Un militante di destra ucciso nel 1975 a 17 anni. A colpi di chiave inglese. Sono stati 47 i giorni di coma prima della sua morte. A loro voglio ricordare due parole, una foto e pure le facce degli assassini diventati nel tempo tutti stimati professionisti della “Milano da bere”.
“Vado, come tutti gli anni, perché mi sembra giusto. La vicenda di Ramelli fa parte della storia di Milano”. Le parole sono di Beppe Sala, sindaco di Milano. Evidentemente noto “fascista” e facinoroso (come me del resto…) che tutti gli anni si reca (il sindaco) sotto casa Ramelli per onorarne la memoria. Ed ancora la foto diventata simbolo degli anni di piombo. Antonino Cusumano, un giudice che durante il processo brandisce una chiave inglese Hazet 36, lo stesso modello arma del delitto. “Voi studenti di medicina all’epoca dei fatti, volete convincermi ora piangendo che con questa non pensavate di far male? Ci si può smontare un transatlantico…”.
E adesso veniamo al capitolo più delicato. Quello della categoria degli infami. Come l’insegnante che voleva mettere Sergio alla gogna per avere fatto un tema “controcorrente” sulle Br. Aveva appeso lo scritto nella bacheca della scuola decretandone la condanna a morte eseguita poi dai sicari. I “protestatari” di Brugherio sono in buona compagnia. Il 29 aprile del 1975, alla notizia della morte di Sergio, dopo 47 giorni di coma, il consiglio comunale di Milano applaudì inneggiando agli assassini