Le impronte adimensionali e gli alfabeti di Tony Tedesco

Non capita tutti i giorni di trovarsi dinanzi a un artista capace di proseguire o innestare nuovi sviluppi riguardanti lo spazialismo
Tony Tedesco, monocromo blu
Tony Tedesco, monocromo blu

Si è costruito negli anni una cornice visiva fortemente concettuale, dove lo spazialismo e il nuclearismo, esperienze che ebbero forza a Milano, tra la fine degli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, lo hanno catturato intellettualmente. L’artista Tony Tedesco che una volta viveva a Milano, ormai da decenni è cittadino brianzolo.     

Se una volta era fra gli emergenti in Italia, fra i più innovativi e più creativi, oggi Tony Tedesco con il suo curriculum di spessore significativo, ha ormai raggiunto una presa diretta con il mondo dell’arte contemporanea, per via della caparbia  volontà di costruire un percorso artistico serio, ha pensato di guardare indietro, al mondo da una parte, per quella ricerca di materiali e per la novità genuina e creativa delle forme e, dall’altra, per la scientificità del mondo adimensionale, ovvero quell’esperienza e avventura nuova cui il nostro artista ha dato vita.  

Tony Tedesco e le forme in viaggio

Ma entriamo nel suo mondo, nella pratica artistica che lo ha visto presente in gallerie di tutto rispetto dove io stesso ne ho curato sue mostre; penso allo Studio F22 di Palazzolo Sull’Oglio.  Adimensionale vuol dire senza forma, semmai un uso frattalico della forma in senso più lato e al di fuori dei canoni geometrici, dando luogo ad atmosfere, simbologie, a un vero e proprio alfabeto delle forme. Pur nella sua iconicità, nel senso più letterale del termine, Tedesco dà vita a forme nuove, forme in viaggio, accelerazioni, racconti, visioni planetarie, un mondo autre, più grande e ricco di simbologie, di sogni, di alfabeti infiniti, di codici che sono i frattali rando.

Tedesco ha ormai dato al suo lavoro un prezioso styling come se ogni opera germinata e germinatrice e il seme in essa gettato desse origine a lievitazione. Queste forme sono il simulacro certo della novità espositiva di questo novello campione della pittura italiana, sono forme alla deriva di un infinito totalizzante, e sono forme soprattutto che si fanno cuore pulsante di un mondo interiore prima che esteriore, divengono di volta in volta il tessuto certo, plastico e non, dell’organizzazione creativa che trabocca come un fiume in piena, come carica sempre di confini che divengono finibusterrae. Il lavoro di Tony Tedesco che da anni si misura sulle “impronte adimensionali” si connatura con le culture antiche, su grafie ancestrali, su segni e tracciati preistorici.

Gli anonimi cavernicoli che, circa 17.500 anni fa, affrescarono con il racconto della loro vita, dei loro sogni e delle loro paure, il cunicolo delle grotte in località Lascaux, appoggiarono, tra l’altro, sulle pareti le loro mani lasciando decine di impronte colorate. Quelle figure stabiliscono quella che lo storico dell’arte Georges Didi-Huberman ha definito, nel suo omonimo libro, la “somiglianza per contatto” (La ressemblance par contact, 2008). Gli “artisti delle grotte di Lescaux”, infatti, non dipinsero le mani, ma lasciarono un’impronta, produssero un segno attraverso la pressione di un corpo su una superficie. Molte di quelle impronte sono uguali per dimensioni, il che fa supporre che gli “stampi” spesso siano gli stessi, anche se i colori diversi (ma, come scrisse Marcel Duchamp nel 1937: “Due forme nate dallo stesso stampo non sono identiche, differiscono per un valore separativo infrasottile”).

Tony Tedesco e le forme in viaggio

Quella selva di mani di vari colori che si affiancano e, a volte, sovrappongono, sono il primo capolavoro dell’espressione artistica dell’umanità, sono la nostra “origine”. Quei primitivi sono sopravvissuti grazie alle impronte delle loro mani. Ecco l’Arte. Tony Tedesco ha disegnato la complessità del mondo, la complessa articolazione tra impronta e immagine nel passaggio tra la tradizione classica e quella cristiana.

Ma fa sua, propria, l’impronta dell’età antica come traccia eternalizzata di un passaggio fisico, considerata più vera dell’immagine. Scava nell’universo, legge e rintraccia il tema dell’impronta creatrice, essa è il negativo di ogni forma piena.  L’impronta è l’alba delle immagini”.  Nel 2011 ha vinto il Premio delle Arti Premio della Cultura (Premio dei Musei) al Circolo della Stampa di Milano con la motivazione: “Artista internazionale di grande creatività che ha campionato il suo lavoro con oggettiva esteticità, ardua progettualità ed espressive tracce del nostro tempo, attraverso un gioco di segni e linguaggi identitari, memoriali e fenomenici”.

Tony Tedesco e l’altro spazialismo

Non capita tutti i giorni di trovarsi dinanzi a un artista capace  di proseguire o innestare nuovi sviluppi riguardanti lo spazialismo. In questo senso ha lavorato un giovane, non più giovane, a nome Tony Tedesco che oggi nel pieno della sua maturità artistica è da considerarsi il principe dell’adimensionale. Ricordo quando nel 1990 al Bar Giamaica in Brera ebbi a presentare il movimento adimensionale, da allora Tedesco ha intessuto il suo percorso di prestigiose mostre in gallerie storiche e musei e ha avuto il consenso della critica e del mercato. Un amico artista  come Sergio Dangelo che pure ha vissuto gli anni del nuclearismo e dello spazialismo nel dopoguerra  si è così espresso per Tony Tedesco: “Non è calamità ma stagione fresca, alibi algebrico e nuovo suono vocalico di una “Lingua sogno” anche essa, anch’essa nuvola “ORA”. E a strada già fatta e ad altra percorribile, Tedesco è un artista da tenere d’occhio, parola di storico dell’arte.

C’è poi un rapporto molto stretto tra adimensionale e pittura analitica anche quando Tedesco procede per disseminazione, o per monocromi. Questo rapporto estremo con lo spazio, questo messaggio filtrato dalla purezza delle forme e del colore, ma anche della sintesi oggettiva che si libera tra vuoti e pieni, pone riflessioni molteplici tra un essere esterno e un essere interno, tra uno spazio dato e uno inventato, tra un luogo circoscritto e uno irregolare, tra un finito e un infinito.

Tony Tedesco e il rinnovamento estetico della realtà

Tony Tedesco, monocromo rosso
Tony Tedesco, monocromo rosso

L’Adimensionale viaggia in un gioco parabolico, in un rinnovamento estetico della realtà, in uno smottamento del concreto, in una deriva geografica di forme che si adeguano su piani, forme ritagliate, cordoni nobili di cartapesta che labirinticamente si adeguono a una ideografia spiritualistica. L’iconografia stilistica si spinge in un racconto di miti ed archetipi, di nuove geometrie che si centrifugano in un avvitante geometrismo, in una grammatica carica di energia profetica. L’adimensionale di Tedesco è una sorta di nuova genesi del mondo capace di cogliere atmosfere e ritmi, colori, gorgogliamenti, vitalismi da paradiso terrestre.

Ecco allora la sua  querelle virtuale, immaginaria, mentale, astratta, tale da innestarsi in quella linea che rimette in gioco l’alfabeto del mondo, inseguendo e andando oltre le pagine colte della Pittura Analitica (Bonalumi, Pinelli, Cotani, Guarneri, Marchegiani, Gastini, Griffa, Simeti, ecc. ) che costituisce  un movimento di rottura  in grado di assumere una propria autonomia nei confronti del minimalismo e dell’arte povera, così come nei confronti di una ricerca dichiaratamente espressionista e materica. Ecco allora ritrovare nell’arte un capitolo adimensionale alto e colto, rigoroso, secco e scolpito come il rituale di un polline che irriga il mondo terrestre e celeste; è la memoria del mondo che si riperpetua attraverso questa lezione artificiosa e coscienziale di Tony Tedesco, capace di significarsi ancor più come nuova e sistematica appendice  neospazialista.

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Carlo Franza

Nato nel 1949, Carlo Franza è uno storico dell’arte moderna e contemporanea, italiano. Critico d’arte. È vissuto a Roma dal 1959 al 1980 dove ha studiato e conseguito tre lauree all’Università Statale La Sapienza (lettere, filosofia e sociologia). Si è laureato con Giulio Carlo Argan di cui è stato allievo e assistente ordinario. Dal 1980 è a Milano dove tuttora risiede. Professore straordinario di storia dell’arte moderna e contemporanea (Università La Sapienza-Roma) , ordinario di lingua e letteratura italiana. Visiting professor nell’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano e in altre numerose università estere. Giornalista, critico d’arte dal 1974 al 2002 a Il Giornale di Indro Montanelli, poi a Libero dal 2002 al 2012. Nel 2012 ritorna e riprende sul quotidiano “Il Giornale” la sua rubrica “Scenari dell’arte”.