Claudio Borghi lo scultore che osserva il mondo “in lontananza”

Personale dello scultore alla Cappella espiatoria grazie alla collaborazione tra Direzione regionale Musei Lombardia e Leogalleries.
Le sculture di Claudio Borghi alla Cappella espiatoria di Monza
Le sculture di Claudio Borghi alla Cappella espiatoria di Monza

La recente mostra di Claudio Borghi alla Cappella espiatoria di Monza, attualmente in corso fino a settembre, mi porta a leggere il lavoro di questo artista brianzolo, scultore di Barlassina, classe 1954, che dalla fine degli anni Settanta del Novecento, persegue ininterrottamente un percorso difficile e arduo, proprio all’interno del capitolo della scultura astratta contemporanea che ha visto nomi singolari ed eccelsi, da Consagra a Milani, da Somaini a Ghinzani.

Lo fa e si mostra Claudio Borghi, in questo caso, proprio con grandi opere visibilmente spalmate fra interni ed esterni, e in modo “monumentale”, giacchè la scultura è nata monumentale, pubblica e cimiteriale; e dunque non poteva esserci miglior sito quale la Cappella espiatoria, luogo storico recentemente restaurato   e aperto al pubblico a lasciar vivere il suo lavoro.  L’arte scultorea ritrova una sua degna collocazione, capace di rendere non solo testimonianza, ma motivare sentimenti valoriali, e mostrarsi ai più fra sacro e profano.

Claudio Borghi alla Cappella espiatoria di Monza: le opere

Ecco la “Grande porta” del 2001, “Cavalli di Frisia” del 2009, “Croce” del 2012, “Valico” del 2009, “Croz dell’altissimo” del 2012, “Stele piuma” del 2009, “Chiaro del bosco” del 2015-2016; sono alcune opere che si accompagnano ad altre collocate nell’interno della Cappella come “oggettini in mensola” del 2019 proprio a ridosso dell’altare centrale, o “Tondo dorato” del 2017.  

Questa mostra nasce perché voluta dalla Direzione regionale Musei Lombardia, con la collaborazione della Leogalleries di Monza, e perché l’istituzione Musei Lombardia che detiene anche la Cappella espiatoria, ha dedicato il 2023 al grande scrittore Italo Calvino, per celebrare il centenario della nascita (15 ottobre 1923 -2023).

Le sculture di Claudio Borghi alla Cappella espiatoria di Monza
Le sculture di Claudio Borghi alla Cappella espiatoria di Monza

Calvino dà finalmente forma a una serie di storie in cui l’elemento fantastico si coniuga con quello logico e geometrico, producendo una sorta di anamorfosi narrativa, ecco il senso di un parallellismo fra il pensiero e la poetica di Calvino, dove fantastico è lontananza, e il lavoro di Claudio Borghi, sicchè se ne è ricavato anche il titolo “In lontananza” della sua mostra a Monza, titolo assoluto e proiettivo; mentre l’anamorfismo letterario di Calvino si fa proiezione dell’astrattismo delle opere di Borghi, che pure ha guardato a illustri suoi compagni di strada come  Mauro Staccioli per le geometrie disseminate all’aperto o a Helidon Xhixha  su come scolpire la luce, l’acciaio nell’arte, o quella sorta di raggrinzamento,  di stropicciamento che violano le pareti delle opere, quasi evolvendo in una naturale crescita  terrestre.

Claudio Borghi alla Cappella espiatoria di Monza: “In lontananza”

Mi ha fatto immensamente piacere leggere un libro che Claudio Borghi ha da poco pubblicato da Mimesis, dal titolo “In lontananza”, quasi a svelare a molti “a veder chiaro”; tra le pagine moltissime riflessioni e del suo pensiero ne colgo alcune righe: “Dal momento che non posso abbracciare il silenzio in senso letterale, ciò che resta è lavorare in modo più obliquo possibile, promuovendo una esperienza più immediata e sensoriale che si pone in modo più consapevole e concettuale. In fondo l’arte è una tecnica di affinamento dell’attenzione e di ascolto. La storia dell’arte non è altro che la storia degli oggetti su cui affinare l’attenzione, di come lo sguardo abbia setacciato il nostro ambiente operando una limitata selezione”.   

Borghi ha dimestichezza con il ferro e l’acciaio. Ha iniziato a lavorare l’acciaio, ed è stato un lungo percorso di avvicinamento e di conoscenza, perché naturalmente ha dovuto pian piano imparare le tecniche e anche sperimentarne di nuove, attraverso cui è riuscito ad ottenere gli effetti plastici che si è prefisso.

L’acciaio è un materiale incredibile, un materiale dalle doti nascoste, che risponde perfettamente alle esigenze di utilizzare i segni per canalizzare l’energia e la luce e al tempo stesso rappresenta una sfida continua dal punto di vista progettuale e tecnico.  E se il dato di partenza di questa mostra a Monza è stato l’anniversario di Calvino, un libro dello scrittore che è “Le città invisibili” ha scatenato nella mente di Borghi immagini colte dalla natura, dall’ambiente, ovvero sculture-presenze -quale paiono- che aleggiano lungo un percorso ideale che dall’ingresso porta alla Cappella, poi al Giardino e infine alla Cripta. Opere che creano un dialogo tra interno ed esterno del monumento, tra storia e contemporaneità, coinvolgendo gli elementi naturali e gli artifici dell’uomo.

Claudio Borghi alla Cappella espiatoria di Monza: Italo Calvino

Immagini che si lasciano scoprire come sussurrate e in bilico tra realtà e fantasia: “Le città come i sogni sono costruite di desideri e paure, anche se il filo del loro discorso è segreto, le loro regole assurde, le prospettive ingannevoli, e ogni cosa ne nasconde un’altra” scrive Calvino, “perché l’occhio non vede cose ma figure di cose che significano altre cose”.   Ecco dunque che il panorama scultoreo di Borghi vive tra poesia e letteratura, la materia e la forma si rapportano alla scrittura, la scrittura coglie le immagini e le esempla in atmosfere che sorprendono non poco, e quindi boschi e alberi, città e persone, natura animale e vegetale colta nel tempo che sorveglia e campiona.

Le sculture di Claudio Borghi alla Cappella espiatoria di Monza
Le sculture di Claudio Borghi alla Cappella espiatoria di Monza

Ecco i “Fiori alti” del 2010, “Pioggia” del 2012, “Altissimi 1 e 2” del 2012 e 2013, “Nella nebbia” del 2014, e “Valico” del 2014.  Con Claudio Borghi la scultura ha trovato un naturale senso di esistere, non abbellimento, non funzionale al design, non destinata a civettare con lo spazio, semmai a viverlo e a respirarlo, a declinarlo  anche con ipertensione,  a contaminarlo  di idee e riflessioni, a cosificarlo di accensioni creative, a destinarlo  non in modo descrittivo ma disseminandolo di reliquie assolute, non precarie. Di strada ne ha compiuta lo scultore brianzolo, portandosi fuori dalla provincialità, fin dagli anni in cui ebbi modo di leggerlo sul finire degli anni Settanta a Milano nella storica Galleria delle Ore di Giovanni Fumagalli e Giuliana Pacini, e ritrovandolo poi nella XXIX, XXX e XXXI Biennale di Milano.

È ormai certo che l’esperienza artistica dello scultore brianzolo  ampiamente studiata da Flaminio Gualdoni, Stefano Crespi, Claudio Cerritelli, Francesco Somaini, Lorella Giudici, Luigi Cavadini, Germano Beringheli e Alberto Veca,  questi hanno tutti   insistito e maggiormente  messo a fuoco  la natura nobile e povera della materia,  dove  gli stimoli strutturali  della verticalità e della orizzontalità  hanno incorniciato ritmo, intervallo, proporzione, simmetria,  interno, esterno, con un risultato poetico di eccellenza e  una penetrante magia, maggiormente evidenziata  nella  fisicità minimalista,  nell’espressione primaria, nella nudità antica e  leggera dei vuoti e dei pieni che dialogano all’infinito.

Claudio Borghi alla Cappella espiatoria di Monza: memoria e respiro

Insomma, Borghi si è guardato sempre attorno e dal mondo ne ha tratto pensieri e riflessioni, poesia e filosofia, proprio per mettere a segno una “scultura non sospetta”. Non meno interessanti nel suo lavoro i disegni, gli studi preparatori, perché il disegno dello scultore ha una valenza alta, un principio grammaticale di impianto; carte dove favole e forme, segno e macchia, declinano l’indicibile, il desiderio del pensiero e la grazia, il gesto e la luminosità, la nostalgia di un tempo immobile e perfetto. Borghi ha sempre disegnato il cielo e la terra, l’esistenza, il quotidiano, l’infanzia del mondo, quel primario che spesso è sfuggito ai più e che oggi riscopre “in lontananza”, lontano da splendori e vanità, mostrandosi “apparizioni”, immagini assolute che scontornate chiamano lo spazio vibrante e instabile. I corpi delle sue sculture sono ormai divenute forme e stile, con diritto di autonomia, e inseguendo una trama originaria appaiono arcaiche strutture di uno spazio perduto, e soprattutto, memoria, respiro, azione della mente.

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Carlo Franza

Nato nel 1949, Carlo Franza è uno storico dell’arte moderna e contemporanea, italiano. Critico d’arte. È vissuto a Roma dal 1959 al 1980 dove ha studiato e conseguito tre lauree all’Università Statale La Sapienza (lettere, filosofia e sociologia). Si è laureato con Giulio Carlo Argan di cui è stato allievo e assistente ordinario. Dal 1980 è a Milano dove tuttora risiede. Professore straordinario di storia dell’arte moderna e contemporanea (Università La Sapienza-Roma) , ordinario di lingua e letteratura italiana. Visiting professor nell’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano e in altre numerose università estere. Giornalista, critico d’arte dal 1974 al 2002 a Il Giornale di Indro Montanelli, poi a Libero dal 2002 al 2012. Nel 2012 ritorna e riprende sul quotidiano “Il Giornale” la sua rubrica “Scenari dell’arte”.